E’ in circuitazione “Popular”, il nuovo album di Young Slash, rapper di origini mauriziane che con questo lavoro ha voluto percorrere il concetto di “popolare” in tutte le sue accezioni: dal popolare inteso come un contesto entro cui muoversi e crescere, dimensionato in un’esistenza di città di quartieri e di strade, sino al popolare che coincide con il concetto di popolarità, cioè sostanzialmente ciò che può generare il successo. Una buona base di partenza, almeno dal punto di vista concettuale. In realtà, il rap alla fine appiattisce tutto perchè non consente o consente solo in parte di sviluppare quelle sfumature, quelle tonalità, che consentono di entrare in situazioni e momenti narrativi, che qui sono forzatamente racchiusi in poche frasi, che proprio per questo traducono o cercano di tradurre stati d’animo immediati in cui non sempre è facile trovare la contestualizzazione.
Si inizia con “Dove si va” e con una musicalità un po’ sopra le righe che genera un effetto stridente quando parte la tiritera cantata, sostenuta da un discreto arrangiamento che mette in risalto alcuni spunti musicalente interessanti, ma non può nascondere un testo che definirei, eufemisticamente, naif. “80fame”, con la partecipazione di Vegas Jones, è un rap tradizionalissimo che ha solo nel cambio di vocalità una variante che tiene desta l’attenzione, sino ad approdare al bel sax che chiude il pezzo. Anche con “Fumo e nike” siamo sul rap andante con un ritornello trapanante, una buona ritmica e qualche effetto. “Ge drill”, con la partecipazione di Vaz Te, è un brano che trova un paio di giri di note e si ferma lì, con un testo un po’ evanescente, un simil ritornello leggero ma, quel che sorprende anche me stesso, è che alla fine il tutto non risulta sgradevole. “Scusa mama” (si “mama”, forse “mamma” è già troppo convenzionale) è però una canzone che dovrebbe indurre al coinvolgimento di un analista bravo perchè qui siamo in pieno complesso edipico con frasi del tipo “…innamorarsi di altre è inutile…” (ho dovuto riascoltare il passaggio tre volte per farmene una ragione) però, anche qui, il ritornello resta, accanto all’elemento sorpresa. “Lo vuole” invece è davvero inascoltabile, pur provando a cercare tutte le possibili attenuanti ed anche quelle un po’ impossibili, sarà rap, sarà quel che si vuole, ma è soprattutto un brutto brano. A seguire “Sotto le lenzuola” con la partecipazione di Bresh e, per un istante, un brivido mi corre lungo la schiena: oddio, sarà mica la cover del brano presentato da Adriano Celentano al Festival di Sanremo del 1971? Fortunatamente no, trattasi di altra canzone ed anzi, trattasi forse del brano migliore o di uno tra i migliori del cd perchè si sforza di non sacrificare proprio tutto all’altare del rap. Che ritroviamo a tutto tondo invece nel brano successivo, “Ora no”, prima di approdare alla fine con “Angeli buoni” che ci presenta finalmente un pianoforte come base sulla quale spalmare l’ultimo rap, in verità non troppo diverso da quelli precedenti. Che dire? Certamente che avrebbe potuto essere sufficiente un Ep; che è molto difficile interpretare il rap come si fa normalmente con il linguaggio di una canzone (a meno di non risalire ai padri del rap, vale a dire Eminem e pochi altri); che alcune dimensioni piacevoli in questo album ci sono e si colgono; che Young Slash sta navigando in un mare fatto da migliaia di ragazzi che pensano come lui, cantano come lui, ascoltano quella musica. Emergere da una schiera così vasta e così simile è impresa davvero ardua.