“My crazy purple heart” è il titolo del nuovo album di I’m Erika (al secolo Erika Croce, foggiana con alle spalle solidi studi musicali che la portano a specializzarsi nei repertori soul, funk, r’n’b, jazz). Vanta svariate collaborazioni ed interessanti esperienze su prestigiosi palcoscenici. L’incontro con Franco Micalizzi a Roma dà una svolta alla sua carriera artistica e va detto che oggi è una di quelle voci delle quali la canzone italiana (e non solo) avrebbe un grande bisogno.
Le dieci tracce del suo album ne sono la conferma e dopo tamta omologazione è davvero piacevole scoprire sin dal primo brano di questo progetto, “Waiting for the wind”, di avere a che fare con un’artista che rivela sin dalle prime note di saper cantare; oltre a questo sono e saranno di fondamentale importanza, sino al decimo brano, arrangiamenti che rendono questo disco “pieno” di buona musica. “Breathe” pone ancora più in evidenza la voce di Erika, la linea melodica è meno immediata, non meno piacevole. “Bygone days” conferma la tanta sicurezza di questa voce che regala tonalità interessanti avvolte dai colori di un’ampia tavolozza di note. “My crazy purple heart”, il brano che dà il titolo all’album, è vivace e leggero, “arriva” con facilità, ci regala le note di un grande sax ed ha il curioso effetto di indurre ad un immedato riascolto, quando finisce. “Loneliness” pone in risalto la bella simbiosi tra la voce di Erika e le sonorità che vengono da un ensemble musicale di primissimo ordine, caratterizzato da rilevanti individualità. “Before you go” se possibile mette ancor più in evidenza le tinte soul e jazz di questo lavoro ed una tromba in primo piano e successivamente il solito ottimo sax evocano atmosfere intensamente old America. Si torna ad un po’ di leggerezza (ma non banalità) con “This is me”, carburante per gli ascolti che rimangono e qui Erika a tratti pare giocare con la sua voce; non è il brano migliore, ma comunque non delude. Canta anche in italiano questa artista che qui rivela un buon eclettismo, non fosse che la canzoncina, pur avendo un testo divertente, non è gran cosa e ci ricorda la Minnie Minoprio dei varietà del sabato sera di tanti anni fa. Ci si avvia quindi alla chiusura con “Don’t stop the boogie”, pezzo dinamico che impedisce di stare fermi quand’anche si fosse legati per chiudere, nuovamente in lingua italiana, con “Suona più piano”, un samba proposto con eleganza, degna chiusura di un progetto che ha pochissime zone d’ombra e ci rivela una voce ed un personaggio dalla cifra artistica notevolissima. Non è un disco “alla moda” se con questo immaginiamo la musica che riempie radio e locali in questi anni. Ma è un disco che non ha tempo. Il che ha una valenza decisamente più interessante.