Da qualche settimana è in circuitazione “Kirigami”, il nuovo Ep dei Botanici (trio beneventano che ha esordito nel 2015). Quattro tracce per due facce. Mi spiego. Le band in voga diversi anni or sono (per i più giovani sto parlando ovviamente di preistoria pensando ai Camaleonti, ai New Trolls, al Balletto di Bronzo e via elencando) scalavano le vette delle hit parade nazionali o vi si affacciavano con brani di estrema fruibilità, puliti, tranquilli. Quando però poi si andava ad ascoltarle nei dancing (allora erano questi i locali ove si faceva musica dal vivo), si pensava di avere sbagliato serata o locale perchè le stesse band si scatenavano tra rock, underground e psichedelico. In realtà, quasi tutti i gruppi di quei tempi avevano due dmensioni, quella più commerciale, più trasversale e quella più rivolta al pubblico degli adolescenti, sempre alla ricerca di qualcosa di diverso e di nuovo anche nella musica. Ecco, i Botanici mi hanno riportato a quella dimensione, con due brani pensati per farsi ascoltare ed “accettare” al primo ascolto ed altri due probabilmente più vicini al loro modo di pensare alla musica, ma assai meno fruibili. Il tutto risentendo anche delle partecipazioni che “contagiano” tutti i brai raccolti nell’Ep.
S’inizia con “Sfortuna” (con la partecipaziobe di maggio e Tanca) che dopo un’intro parlata (va detto, in modo suadente) si schitarra e si rokkeggia con una certa veemenza, ma è un rock musicalmente pulito, che non genera sovrapposizioni e che si alterna nuovamente al parlato nella parte finale. Si rosegue quindi con “Quarantadue” e la partecipazione di Endrigo e qui la situazione si fa caotica anche strumentalmente, il brano è urlato, sfilacciato, chiassoso, poco fruibile e, diciamolo, poco gradevole. Tutt’altra cosa invece potrei dire per “Capotasto” in cui la partecipazione di Georgieness porta un contributo forte nell’esecuzione di un brano quasi sanremese (nessuno si alteri, intanto sul festivalone tutti ci sputano ma tutti ci vorrebbero andare) ed è in realtù molto piacevole il gioco delle due voci che corrono su di una linea melodica assai apprezzabile; ci si perde soltanto un po’ nel finale, diluito e tronco. E si chiude con “Camomilla” e la partecipazione dello Stato Sociale che contribuisce alla dinamicità del brano, ma on ne migliora una linea melodica incerta e non giustifica un’imponenza sonora che mal si coniuga con ciò che si va a rappresentare. Insomma, come dicevo, i Botanici sono una sorta di Giano bifronte di non facile lettura. Buona l’idea delle partecipazioni che generano un coinvolgimento ed un confronto che può risultare a tratti interessante, ma aspetterei il trio ad una nuova prova, più sua e con una cifra artistica più definita.