E’ consuetudine di chi scrive, ascoltare i cd da recensire senza leggerne prima libretti, spiegazioni, altre recensioni in rete. Questo al fine di cogliere e valutare in modo soggettivo, senza preconcetti ed interferenze di alcun genere, l’impatto musicale ed emotivo che ogni lavoro è in grado di dare. E ascoltando l’album “Chez les aborigènes” di Veronique Vincent e Aksak Maboul, la sensazione è quella di venire catapultati all’indietro, in atmosfere, sonorità e suggestioni del passato. Una sensazione molto intensa. L’impressione è stata quella di un premeditato deja-vu, un utilizzo meditato di strumenti, vocalità e stilemi molto vintage, molto datati. Curioso effetto.
Sconcertante ed in qualche modo divertente è stato quindi, subito dopo, scoprire leggendo il libretto contenuto nel digipack del CD, che il sapore agée di questo lavoro non è affatto voluto, meditato, ricercato: è del tutto reale! Trattasi infatti dell’edizione, a ben trent’anni dalla sua genesi, di un album concepito e registrato nel 1983, e mai pubblicato. Ritrovato chissà come su qualche scaffale dimenticato, è riemerso da un passato ormai remoto, rispolverato e giudicato “maturo” ed ancora attuale per i nostri tempi, quindi riproposto. Non ci sentiamo francamente in grado di dar ragione o torto a chi ha così valutato il lavoro, ed ha voluto riesumarlo e metterlo infine agli onori del mondo. Certamente “attuali” questi pezzi non suonano. Su di loro si sente tutto il peso del tempo trascorso, e nelle sonorità elettroniche che li sostengono si assapora tutto il gusto (e la tecnologia) di quegli anni. Tuttavia, l’ascolto non risulta affatto sgradevole o stucchevole. La voce, tenue e carezzevole, della cantante, ricalca quello stile così tipico di un certo filone tutto francese, percorso con successo da interpreti ben più note in un passato ancor più remoto (Françoise Hardy, o Catherine Deneuve in un paio di estemporanei exploit da cantante che ebbe negli anni ’60) o anche più recente (le creazioni cantautorali di Carla Bruni). I testi sono apparentemente semplici, ma suggeriscono a tratti qualche implicazione più profonda di quanto appaia di primo acchito. Una proposta spiazzante, ma affatto sgradevole. Interessante per chi voglia, per qualche manciata di minuti, sperimentare una sorta di piccolo viaggio nel tempo.