E’ uscito alcune settimane or sono “Argonauta”, il nuovo album di Esc (al secolo Francesco Botti), dieci tracce nelle quali s’incontrano e s’intrecciano sonorità elettroniche e sonorità pop per fare da sfondo alla dimensione a tratti cantautorale ed a tratti meno di Esc. Il disco rappresenta uno di quei prodotti che all’ascolto, a tratti, vorresti abbandonare, ma poi c’è sempre quel qualcosa che ti trattiene e che ti induce ad una riflessione in più.
S’inizia con “Il ricordo”, stampo vagamente cantautorale che non basta però a definire la cifra artistica di ciò che ascolteremo. “Sangue nel cervello” presenta arrangiamenti interessanti e dà forma ad una prima impressione: le canzoni di Esc forse sono scritte più “a sensazione” che non “a narrazione”, ma su questo ci ritorneremo. “Comete” si diluisce in un tono un po’ cantilenante e nella sensazione che in questi brani possa mancare la scintilla capace di farli decollare. “La principessa sul triciclo” ha un paio di cedimenti e non cresce. “Via delle palme” si presenta invece come un brano più dinamico con un ritornello che però staziona su di una certa ripetitività. “Fragole”, brano piuttosto dinamico anche questo, ci regala finalmente un bel ritornello, di quelli che lasciano il segno e che possono anche non essere clausole d’obbligo, ma che talvolta possono salvare una canzone. “Mamma Roma ciao” non entusiasma, ma il testo riesce a proporre in rapida successione una serie di immagini che vanno a disegnare alcuni tratti della città, rendendocene partecipi. “Sul portone” ha una bella linea melodica ed una bella intenzione (piace l’immagine in cui si colloca la storia), discreti anche gli arrangiamenti. Anche “Normale” ha un che di gradevole ed è musicalmente apprezzabile il tentativo di un arrangiamento più ponderato con l’inserimento di una tromba poco più che accennata. E si va a chiudere con i pezzo più bello, “Giulio”, in cui la linea melodica si fa più fragile, ma la canzone viene letteralmente sollevata da quella che definirei una musicalità “salvabrano”, intensa, a tratti ampia, che asseconda la vocalità che in questa canzone si fa più personale, più appassionata per approdare poi ad una chiusura che lascia una sensazione piacevole ed un po’ struggente. Si sarà compreso che questo “Argonauta” non è un capolavoro, le perplessità non mancano, dalla voce un po’ monocorde di Esc ad un certo minimalismo musicale che scaturisce da arrangiamenti talvolta deboli. Ma è altrettanto vero che vi sono alcuni spunti che meritano di essere colti e che rivelano una potenzialità abbondantemente inespressa. Ed è su questi che varrà la pena ritornare nei lavori che verranno.