Ernesto Bassignano, storico fondatore tra la fine degli anni ’60 ed i primi anni ‘70 del Folk Studio di Roma con Antonello Venditti, Francesco De Gregori e altri, intervistato recentemente dalla nostra rivista, parlando della musica oggi, non ha esitato a dire che non è rimasto nulla e si deve ripartire dalle piccole radio.
Zucchero, nel corso di una recente intervista ha dichiarato: “Le case discografiche firmano solo per le porcate di talent show della De Filippi”. Enrico Ruggeri, intervistato da “The Shooter”, ha detto: “Nel mondo della musica digitale fanno soldi solo le case discografiche. Oggi un artista guadagna meno della mia baby sitter”. Nel frattempo si sono ritirati dalle scene Francesco Guccini, Ivano Fossati, Stefano D’Orazio (già batterista dei Pooh), solo per parlare di tempi recenti. E’ evidente che la musica, non solo in Italia, è gravemente malata. Al di là dell’ormai conclamato crollo delle vendite discografiche, fenomeno ormai datato, si assiste anche ad un patetico teatrino in dimensione live. Fatti salvi i soliti nomi (cinque/sei non di più) in grado davvero di riempire gli stadi, per gli altri sono tempi grami. Ed è patetico leggere nei calendari degli eventi date con accanto la dizione “sold out”, tutto esaurito, sapendo che è una triste bugia. Oggi tutti fanno il tutto esaurito, solo che poi si scopre che il “sold out” lo hanno fanno nei pub ove ci sono 60 posti a sedere, in certi polivalenti da 150 sedie oppure in strutture più ampie, debitamente “rimpicciolite” con teloni scuri per far si che l’idea della dimensione del locale sia molto più raccolta. Poi però, è sufficiente avventurarsi sulle riviere più frequentate, in piena estate, per notare (e lo nota soprattutto chi ha ricordi più remoti) un proliferare di sagre di ogni tipo, ma di musica dal vivo davvero poca e quella poca talvolta anche mettendo insieme le forze di due o tre personaggi di media caratura che da soli non risulterebbero più abbastanza attrattivi. Triste fenomeno anche questo. Oppure, alcune manifestazioni più ricercate, vanno a caccia dei vecchi leoni che con le loro band negli ani ’70 e ’80 furono dei personaggi di caratura mondiale…l’ex chitarrista del gruppo rock più famoso, l’ex frontman di un’importante formazione internazionale, gente alla quale si deve moltissimo per ciò che ha saputo dare alla musica e che ancora dà, ma la domanda ricorrente però è: i nuovi big oggi chi sono? E soprattutto, dove sono? O, ancora peggio, ci sono? La musica sta attraversando forse la peggior fase di sempre. Rap, trap, hip hop e quant’altro sono mode passeggere che stanno spesso rivelando personaggetti di poco spessore, destinati a rapidi tramonti. Le idee sono poche, l’epoca dei cantautori è pressochè finita e quelli rimasti sono considerati personaggi di nicchia, roba da oscuri circoli privati e comunque per pochi appassionati del genere. Il pop tiene, ma ne sono parte integrante quasi sempre figure fragili di breve durata ed il rock negli ultimi anni, salvo rarissime eccezioni, non fa che replicare sé stesso. Sull’altro fronte, quello del pubblico, cresce il numero di persone che non ascolta la musica, pur credendo di ascoltare. Nel frastuono di risate, voci a toni alti, rumore di bicchieri e di stoviglie, cioè nella classica dimensione di birrerie e pub, la musica, quando c’è, è quasi sempre un desolante sottofondo. Nei centri commerciali, la musica, se c’è, è un appena percettibile sottofondo; ma anche nelle nostre case la radio accesa o il cd che gira nello stereo sono spesso rumori di sottofondo mentre sgridiamo i bambini, passiamo l’aspirapolvere, facciamo girare la lavatrice o facciamo una doccia. Insomma, la qualità della musica è mediamente in ribasso e la capacità di ascolto si va dissolvendo. E allora forse ha davvero ragione Bassignano quando dice che bisogna ricominciare da zero, ricominciare dal piccolo, come lo erano agli inizi esperienze come il Folk Studio o quelle vere radio libere ove erano i dj a costruire i successi e non i soldi delle case discografiche a comperare i passaggi degli artisti. Un’impresa ciclopica, forse impossibile, ma bisogna tentare.