Giorgio Quarzo Guarascio è il vero nome di Tutti Fenomeni, che non è dunque una band, ma è un progetto artistico. E’ da poche settimane uscito il suo album intitolato “Merce funebre”. Giorgio, che ha solo 23 anni, è romano e viene dal Soundcloud rap, con queste undici tracce (scritte con la “complicità” di Niccolò Contessa che ha collaborato per l’ntera parte musicale) intraprende un percorso sul quale vale la pena soffermarsi. Si ipotizza di un nuovo Battiato cresciuto nell’era del trap. E, come scopriremo ascoltando il suo lavoro, un neppure troppo sottile tentativo di “battianizzazione” emerge a tratti con molta chiarezza. Il primo Battiato però, o forse anche un po’ quello di mezzo. Non l’ultimo, quello più recente, fatto di lirismi, spiritualità intensa e grandi arie musicali.
Ma andiamo con ordine. S’inizia, per rimanere in tema con il titolo dell’album, con “Marcia funebre”, intro di poco più di un minuto e mezzo, il tempo necessario per augurarsi che le altre dieci tracce non siano tutte così. Ed infatti, “Valori aggiunti” prende subito un altro ritmo, musicalmente non male, con un testo che già qualche sospetto lo insinua. “Metabolismo”, sempre su buoni livelli musicali, ci fa capire che in questa dimensione non c’è spazio per cuore e amore, ma forse per qualcosa che più ruvidamente fa dire “…mi sono prostituito come la scienza e l’industria…”, che poi, a ben guardare…Andiamo oltre con “Mogol”, si proprio il Giulio Rapetti della canzone italiana, più volte citato n un brano dall’andamento più lento e dalla linea melodica arruffata (ahhhh se sentisse Mogol…) ma anche qui non ci risparmiamo un…”almeno dal punto di vista culturale l’Italia è già a pezzi…”, non troppo musicale in verità, piuttosto un’altra rivendicazione di quella ricercatezza concettuale e testuale di alcune di queste canzoni, come Battiato insegna. “Reykiavik”, oltre che la capitale dell’Islanda (consentite anche a me un po’ di sfoggio culturale) è il titolo della successiva canzone dal ritmo molto fruibile, quasi sbarazzino, con un infinito “per te” ripetuto in un finale che va ben oltre il tormento. Carino, qualcuno direbbe radiofonico “Diabolik”, il brano che precede “Hikmet”, traccia dal ritmo molto scandito, ben strutturata con un bell’inserimento di sax nel finale ed ottimi arrangiamenti. “Filosofia” mischia il paradosso alla pazzia, ci riconduce più che mai a certe sperimentazioni di diversi anni or sono ed eccoci a “Marcel”, questa volta trattasi di Proust, anche lui più volte citato prima di inciampare in una frase che da sola è un enunciato: “….quasi tutti i turisti hanno qualche cosa in comune…non parlano mai la lingua del Paese in questione….”. E a proposito di lingue, in questo album troviamo qua e là, sparse nelle canzoni, frasi in lingue differenti, anche questo un fatto ricorrente nei lavori di Battiato. Ma eccoci a “Qualcuno che si esplode”, canzone scelta anche per uno dei singoli che accompagnano il progetto, anche in questo caso un brano piacevole che chiude con una voce femminile “estera”. E si finisce con “Trauermarsch” (che è poi, e ci risiamo, la marcia funebre in tedesco), laddove si va a scoprire che “…anche Mozart ha fatto pop…Enrico Fermi non ha fatto lettere…” però “…Leonardo da Vinci era molto rock…mentre Caravaggio era più tipo un rapper…”. Che c’entra? Nulla, ma le citazioni sono molto colte. Al di là delle battute, questo “Merce funebre” non è un brutto lavoro ed anche musicalmente presenta aspetti interessanti. Certo, quest’ombra di Battiato incombe, ma non disturba ed anzi, pur ascoltando talvolta con un sorriso, non infastidisce il fatto che un giovanissimo che guarda alla canzone d’autore pensi a Battiato come ad un maestro. Nell’affanno creativo di questi tempi, se tutto ciò può servire a forgiare un artista che del talento proprio comunque mostra di averne, ben venga. Qui la sufficienza ci sta tutta, non molto di più però, perché qualche cedimento c’è e poi….Battiato può essere un modello, ma senza andare oltre. E qui invece qualche “sforamento” c’è.