Alessia Arena è una cantattrice diplomatasi in canto lirico presso il Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze. Si è quindi specializzata in musica barocca collaborando con grandi interpreti. Siciliana di origini, toscana d’adozione, opera anche in ambito teatrale. Da alcuni anni si dedica alla musica cantautoriale e lo scorso anno ha pubblicato il cd “A piedi nudi”, omaggio a Rosa Balistreri e alla musica popolare siciliana. Premio Rivelazione 2014 al Festival “Sete Sois Sete Luas”. Lo scorso ottobre ha portato al successo al 17° Biella Festival, ottenendo il premio “Gozzano” di Terzo/Acqui Terme per il miglior testo tra quelli dei 12 finalisti, il brano “La sfinge alla stazione”, scritto da Alessandro Hellmann (musica di Michele Amadori).
Non sono poi così lontani i tempi in cui la musica era “fatta in casa” e le nostre cantine degli anni ’60 erano animate fino a notte fonda da giovani musicisti dilettanti, un po’ proprio come nel ‘600, con la sola differenza che all’epoca le cantine erano ricchi salotti, i giovani musicisti dal capello lungo erano signorilmente ben imparruccati, e la musica non era, forse?, propriamente rock. Ma in fondo chi non sentendo il celebre basso di passacaglia, “La follia di Spagna”, proposto da Vivaldi o una ciaccona potrebbe direi che non è rock? Lo stesso Pete Townshend, leader degli Who, nota band rock londinese degli anni sessanta, sentendo la ciaccona tratta da “The Gordian Knot Untied” di H. Purcell, noto compositore inglese del ‘600, ne rimase tanto folgorato da ispirarsi alla sua scrittura musicale in molti dei suoi brani, come nell’intro di “Pinball Wizard” inserito nell’album Tommy (1969). Negli stessi anni anche gli Jethro Tull non poterono resistere alla tentazione di rielaborare in chiave moderna un brano di uno dei piu’ noti compositori di epoca barocca, J.S. Bach, una Bourrée tratta dal quinto movimento della suite in mi minore per liuto (BWV 996), ed a questo punto non stupiamoci poi se persino i Genesis sentirono il bisogno di inserire nel loro album Foxtrot “Horizons”, una rivisitazione della suite n.1 per violoncello solo di Bach. Tre secoli di distanza e non sentirli, parola dei veri rock men! Nell’epoca barocca, in cui soffiava il vento di fermento culturale sospinto dalla diffusione della carta stampata e dalla consapevolezza che la musica era una arte formativa, una scienza da studiare e di cui dilettarsi insieme, non vi erano certamente batterie e chitarre elettriche da suonare, ma i pizzichi del clavicembalo, i suoni delle viole da gamba, dei liuti e delle tiorbe, il cui sapore, a distanza di quasi tre secoli, è riuscito ad incantare il nostro miglior cantautoriato italiano. Proprio De André, negli anni ’60, volle un clavicembalo per incidere la sua “Il re fa rullare i tamburi”, rielaborazione di un brano di musica antica francese di dubbia origine, per non parlare del “menestrello” Branduardi che, dal 1996 e senza sosta fino ad oggi, ci ha fatto immergere con il suo progetto Futuro Antico in una riproposizione della musica medioevale-rinascimentale che ci potrebbe apparire lontana, ma che in fondo, come ci fa capire il menestrello, lontana non è. Infine la stessa filosofia musicale di Franco Battiato è attraversata con sapienza da numerosi riferimenti, piu’ o meno latenti, alla musica antica ed alle sue figure stilistiche, fino ad arrivare a “Passacaglia”, brano inserito in uno dei suoi ultimi lavori, Apriti sesamo (2012), che è una splendida rivisitazione della “Passacaglia della vita” di Stefano Landi (1587-1639). E’ indubbio che il ‘600 fu uno straordinario secolo di produzione musicale, secolo in cui non vi erano radio, wi-fi e chissà quale altra diavoleria tecnologica, la musica si diffondeva così, nel suo essere “suonata insieme” in bei salotti da musicisti spesso dilettanti, che poi tanto dilettanti alla fine non erano e nulla avevano da invidiare ai professionisti di allora. Ma in fondo, se ci pensiamo bene, negli anni ’60 e ’70 dalle nostre cantine quanti talentuosi musicisti sono passati? Non tutti sono poi divenuti famosi rock man, ma non per questo non erano certamente sapienti musicisti. La storia dunque si ripete, e tre secoli di storia accorciano così le loro distanze; per cui quando accendiamo la radio drizziamo le orecchie!, perché forse, senza saperlo, stiamo ascoltando musica antica, che poi tanto antica non è.
Alessia Arena