THINKABOUTIT CON “MAREA” UNA SCALATA DI 16 TRACCE

S’intitola “Marea” ed è il lavoro più recente dei Thinkaboutit. Un disco difficile, articolato, imprevedibile, faticoso certamente per chi lo ha concepito, ma anche per chi ascolta, perchè queste sedici tracce (davvero tante!) non concedono distrazioni in un alternarsi di sensazioni sempre diverse, non sempre per forza tutte piacevolissime, ma proprio perchè a momenti di apparente appiattimento si alternano passaggi molto intensi l’attenzione riceve stimoli incessanti.

Diciamolo apertamente: questo non è un prodotto pensato immaginando un’alta fruibilità, probabilmente neppure la cerca, se chi ha concepito questo lavoro vive su questa terra, sa cosa piace alla gente e cosa la gente ricerca. E’ un prodotto per palati fini, per chi di musica ne ha ascoltata tanta e certo non solo quella che passa in tv. Qui urban, post rock, modern jazz e qualche richiamo vagamente etcnico, si rincorrono e si richiamano, danno vita ad una collana multicolore ove ogni perla ha una sua collocazione ed un suo significato, mai scontato, talvolta forse troppo ricercato. Lo si avverte sin dall’ascolto del primo brano, “Leave This Place” che, dovendo affrontare altre quindici tracce, mi fa sinceramete sperare non siano tutte così: un brano sul quale paiono innnestarsene altri due, generando una situazione musicale complessiva a tratti piacevole, ma molto composita, direi quasi sconsiderata. Poi però ci si ritrova nelle atmosfere di “Arturo Gatti”, in cui la sensazione di sovrapposizione di troppi elementi si fa meno impegnativa. “He Can Do It” parte con una bella ritmica per cedere poi il passo ad un’altrettanto bella chitarra, il primo assaggio di tante individualità interessanti, oltre a quelle del piccolo esercito di collaboratori che sono stati coinvolti nella realizzazione di questo progetto (Alessandro Cianci, Filippo Bubbico, Gaetano Partipilo, Angela Esmeralda, Good Moaning, The Pier, Luigi Morleo, Mario Nappi, Maëlys e Stefano Fiori). Proseguiamo con “Tokyo” che si esprime con la consueta intensità musicale per aprire poi le porte ad un ottimo sax. In “I Fly High”, assistiamo quasi ad un curiosissimo esercizio vocale con la voce che diviene strumento, sino ad un repentino cambio di marcia…e di sonorità. Da “Us” , con la partecipazione di Angela Esmeralda, ci si aspetterebbe qualcosa in più, considerando anche la forza del pezzo, ma la cantante pone in risalto le sue potenzialità solo in un breve inciso. “Adriatico” è uno dei brani più belli, con le note di un magnifico flauto che decorano una dimensione musicale molto dinamica e coinvolgente mentre in “Proxima” tornano gli esercizi vocali fatti di un fitto fraseggio, che poi si distende, confondensi sempre più con la…marea di suoni avvolgenti, sino a lasciarci una voce opaca che si spegne con le ultime note. Hanno qualcosa di tribale i suoni di tamburo in “2008” mentre “We Don’t” scopre una batteria di sottofondo molto attiva attorno alla quale si sviluppa l’intero brano. E via via “We Are All Doro” ad un certo punto lascia spazio ad un violino per approdare poi ad una musicalità sempre più ampia e suggestiva, ma anche delicata e sognante. “Parlesia” è uno dei brani meno “leggibili” ed articolati avvinghiato ad un pianoforte che “comanda” sussurrando. Le suggestioni vocali più intense le trovo invece in “Apollo”  e si va a chiudere con “Timberwolves 25” e “Lust Sunset” che a quel punto nulla possono più aggiungere o togliere a quanto ascoltato sino a quel momento. Ribadisco che si tratta di un lavoro difficile, ma indubbiamente di un approccio musicale di prima fascia attraverso il quale “entrare” in alcune dimensioni meno usuali ed alle quali abbiamo l’orecchio meno preparato. Un lavoro certamente a lungo ponderato ed arricchito dalle molte professionalità che hanno accettato di portare il loro contributo artistico.

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