Vi piace immaginarvi immersi nei vostri pensieri, poggiati sul bancone di un locale oscuro ed un po’ equivoco di New York o Chicago? Questo è il disco che fa per voi. Sto parlando di “The Soot Songs”, l’ultimo album di Daniele Perrino, autore e compositore vicentino che con questo disco che intreccia il blues al nu soul ed al noir jazz, offre nove tracce di straordinaria intensità, a cavallo tra Leonard Cohen e Tom Waits.
Perrino vanta frequentazioni artistiche di primo piano, come la collaborazione con Mario Biondi o con la band Virgo alla quale si unisce e con la quale pubblica due album; successivamente forma il duo Ground Poppy Honey Milk con il quale pubblica un album nel 2016 da cui scaturisce l’invito al Clubhouse Studio di New York ove incontra importanti musicisti; il suo percoso da solista inizia nel 2020. “The Soot Somgs” è un abum intriso di domande e risposte, di dannazione e disillusione e la voce di Perrino è ruvida, profonda, rabbiosa, oscura anche nei sussurri, una voce che impone il silenzio e l’ascolto perchè racconta cose anche con la semplice colorazione timbrica, suggerendo pensieri e sensazioni. Gli arrangiamenti dei suoi brani sono eccellenti perchè sanno creare la giusta atmosfera come di più sarebbe difficile poter fare e quindi ne scaturiscono sensazioni avvolgenti che ci proiettano in dimensioni a noi lontane, ma che ci pare di conoscere e di avere qualche volta vissuto, grazie anche alla cinematografia che ci ha recato una certa visione dell’America. Difficile in queste nove tracce trovare un pezzo meno intrigante degli altri perchè, come spiega lo stesso Perrino, l’album “…parla del bruciore delle nostre anime…Di che cosa abbiamo più bisogno?”. Si tratta indubbiamente di brani scritti ed interpretati da un autore italiano che di italiano hanno però pochissimo, se non nulla. Sono tutti cantati in lingua inglese, sono un viaggio che ci porta in una dimensione musicale certamente non inedita, ma sorprendente se percorsa da un artista italiano e, in ogni caso, di un’intensità che non può lasciare indifferenti, qualunque sia la musica che siamo abituati ad ascoltare.