Da pochi giorni è in circuitazione “The song of the sirenes”, il primo album di Estrels, uscito in contemporanea con il singolo “Destination” pensato, forse non proprio felicemente, come apripista per l’intero progetto. Estrels è una cantautrice romana appena ventitreenne, nata in Brasile, a San Paolo e poi trasferitasi per cinque anni a Rio de Janeiro prima di raggiungere definitivamente Roma. Ha studiato quasi da autodidatta l’inglese e ha preso lezioni di pianoforte; sempre da autodidatta ha imparato anche a suonare la chitarra a 12 anni e appena quindicenne ha iniziato a scrivere le sue canzoni.
Il suo primo singolo, “Bones”, è del 2022 e precedentemente aveva iniziato ad esibirsi in alcuni locali della capitale; nel 2023 escono altri due singoli, i suoi testi sono quasi tutti in lingua inglese, come lo sono quelli dell’album che ho appena finito di ascoltare. Estrels è una piacevolissima sorpresa ed il suo è un disco dolce e raffinato, la sua voce è limpida e ferma, gli arrangiamenti sono accurati e coerenti e le undici tracce proposte non registrano mai cedimenti vistosi, anche se un paio di brani sarebbero stati, a mio avviso, rinunciabili, non tanto perchè meno piacevoli degli altri, ma per rendere più fruibile l’ascolto di un lavoro che ha mediamente un andamento soft e quindi esige un’attenzione più vigile. I brani che a mio avviso risultano più riusciti sono “Song of the sirenes” che dà il titolo all’intero progetto e che racchiude forse la sintesi delle intenzioni di questo lavoro, pensato e realizzato in un particolare momento introspettivo della cantautrice; aggiungo poi “Clueless”, brano musicalmente più potente degli altri registrati, soprattutto grazie ad un arrangiamento che si fa quasi aggressivo pur senza mai prevaricare la splendida voce di Estrels; ci metterei anche “Nothing means nothing” delicato e fuggente e la dolce ballata “Holly” con il suo classico, ma sempre bello, andamento di chitarra. Ho citato i brani che ritengo migliori, ma come dicevo, questo album non registra cedimenti particolari e quindi ha un potenziale decisamente elevato. Se proprio dovessi scegliere un paio di brani meno riusciti direi “Marbie” e “Gravity”. In apertura commentavo la scelta, a mio parere poco felice, del singolo “apripista” di questo lavoro: “Destination” non è una brutta canzone, ma ve ne sono altre sicuramente di migliore impatto. Riassumendo dunque, definirei più che positivo questo disco con alcuni spunti di eccellenza grazie all’ottima fusione tra la cornice musicale e la voce cristallina e decisa di Estrels, un lavoro trasversale che può piacere a chi tra i giovanissimi ha in sè una manciata di romanticismo sino a chi, con i capelli bianchi, ne ha conservato il ricordo e in molte di queste canzone ritrova il piacere di interpretazioni eccellenti. Piccolo appunto: un lavoro come questo avrebbe meritato di essere accompagnato da un bel video.