Dietro il nome “The Moon whispers” ed i testi tutti in inglese, si cela un’ispirata, eclettica artista italiana emergente, Elisa Di Napoli, che opera anche in Italia con lo pseudonimo di Elyssa. Negli scorsi mesi è uscito “Pearl of Blood”, lavoro che, ad un ascolto anche non approfondito, si percepisce come una sorta di parentesi creativa.
Il disco rappresenta un momento di profonda introspezione, presumibilmente dovuto ad un particolare periodo esistenziale dell’autrice ed interprete, la cui atmosfera volutamente cupa, crepuscolare, è evidente sin dal packaging, peraltro molto curato e gradevole. Potrebbe parere una raccolta d’ispirazione dark, o gotica, se non fosse che poi all’ascolto le sonorità, volutamente tenute su un registro che va dall’acustico ad alcune sonorità del folk anglosassone, senz’alcuna concessione al rock, smentiscono quest’impressione. Si tratta di una raccolta di riflessioni malinconiche sulla vita e sui rapporti umani e sentimentali. Uno stile po’ “Sturm und Drang”: passionale, melanconico, romantico. S’inizia con “All along the shadows”, ode ad un amore impossibile, intrisa di rimpianto, con un tocco di speranza per il futuro. “The Prophecy” racconta di un’unione quasi mistica, predestinata, in una melodia sostenuta da un violoncello profondo e toccante. Un altro amore perduto, ma cantato nei toni di una velata sensualità è il soggetto di “Do it again Sam”, una ballata che richiama alla mente atmosfere dell’antica Inghilterra. Come suggerisce il titolo, “Not you” racconta invece di un amore rifiutato, poichè non proveniente dalla persona giusta. Si torna sulle corde dell’introspezione con “Break up”, nella quale l’autrice sembra parlare con sè stessa in terza persona. “Tristan and Isolde” è in qualche modo un’autocritica velata di autoironia, nella quale l’artista si definisce “forse troppo romantica per questo mondo”. Se in “Why” s’interroga sulle ragioni per cui un rapporto d’amore sembra portare più dolore che gioia, in “Goodbye Angel” i toni si fanno struggenti nel ricordo di un amico morto in solitudine. Un altro equivoco d’amore e conseguente rifiuto è il soggetto di “The Unwanted” che si snoda in un profluvio di violini, mentre è peculiare l’atmosfera di “Jessie’s Song”, nella quale è descritto un rapporto tanto etereo che pare suggerire il far l’amore con un’assenza. “When I’m gone” è passionale quanto venato di risentimento, forte e vendicativo. Un rapporto soffocante è il soggetto di “You’re driving me crazy”, ed il brano che dà il titolo all’album, “Pearl of Blood” descrive un rapporto d’amicizia contrastato ed incerto con una donna che è però forse anche una rivale. Contrasti anche in “Marriage”, che, su un tappeto musicale un po’ più “latino” e davvero affascinante, parla dell’ambivalenza di un amore che vuole però sfuggire l’eccessiva, forse invasiva vicinanza che spesso l’unione matrimoniale porta con sè. Chiude il lavoro “Blue Sapphire” piccola poesia notturna d’amore e di desiderio. Nel complesso lo definirei un lavoro molto “femminile”, poichè scava nel profondo di sentimenti che ogni donna nel corso della propria “educazione sentimentale” avrà provato e vissuto. Cantato con voce suadente e di particolare dolcezza, sarà fonte di riflessione per le ascoltatrici, forse di maggior conoscenza “dell’altra parte del cielo” per gli ascoltatori uomini. Comunque di gradevole ascolto per tutti.