La musica non è finita. È cambiata, in male o in peggio lo stiamo scoprendo giorno dopo giorno. Dopo un anno di stop forzato, sono state riposte tante speranze nel nuovo anno, immagino l’ansia che ha avuto il 2021 allo scoccare della mezzanotte. C’era un immenso bisogno di aggrapparsi a questa speranza ma, in fondo, tutti sapevamo che era un’utopia. Non sarebbe bastato un cambio del calendario a riportarci ad una normalità la cui mancanza ormai pesa come un macigno. Cosa è accaduto alla musica in questo lasso di tempo che ancora non vede una fine? Non potendo accogliere nei propri club la musica live, si è fatta la scelta più ovvia: ci si è aggrappati allo streaming. Un gesto quasi disperato per fingere che andava tutto bene e che ne saremmo usciti presto e migliori. Ad oggi posso affermare che non va nulla bene, non ne usciremo tanto presto e no, non siamo nemmeno migliorati. L’esempio ultimo in ordine cronologico quello che doveva essere “il concerto” o meglio “L’Ultimo Concerto” la cui diretta streaming era prevista il 27 febbraio 2021, esattamente un anno dopo l’ultimo evento live. Cosa è stato L’Ultimo Concerto? Una provocazione organizzata da circa 130 live club che hanno coinvolto artisti del calibro di Diodato, Subsonica, Roby Facchinetti, Manuel Agnelli, i Pinguini Tattici Nucleari, I Ministri, Marina Rei, Ghemon, Brunori, Ligabue, Caparezza, Lo Stato Sociale solo per citarne alcuni. Tutti in difesa dei live club. Ma cos’è accaduto? Alle 21 in punto del 27 febbraio, oltre 100,000 e sottolineo centomila persone, hanno provato ad accedere alla piattaforma. Pochi secondi di backstage, quel giusto per far salire un po’ l’adrenalina (in streaming? mah!) poi il silenzio ed un messaggio: “Nessun concerto. Ecco, lo avete capito anche voi. Qui è dove siamo adesso: la realtà che viviamo oggi, che rischia di essere anche il nostro domani. L’Ultimo Concerto? L’avete già vissuto, nel 2020. Il Prossimo? Noi vogliamo che ci sia! Dateci voce, ci mettiamo la passione e i palchi!” A seguire, dai propri social, sono partiti i messaggi degli artisti coinvolti a rafforzare la protesta dei live club. Ma qual è stata la reazione dei centomila utenti? Non tutti l’hanno presa bene, qualcuno ha compreso e manifestato solidarietà, altri, e non pochi, hanno espresso dissenso perché attendevano questo evento da settimane. Io ho trovato assurdo e sconcertante questo malumore. Possibile che non vi rendiate conto che è lo streaming ad aver messo in ginocchio l’intero settore? Voi comodamente sulle vostre poltrone, magari con pizza e bibita eravate pronti a godervi un live gratuito senza capire che l’Arte ha un costo. È un lavoro. A voi arriva il prodotto finito, ma dietro c’è il lavoro di migliaia di persone che da un anno a questa parte, non vedono un solo euro. Sorge spontaneo chiedermi (vi) ma sareste stati disposti a pagare per questo live? Salvo la pace di qualcuno, vi sento già dire “Perché pagare per vedere un concerto in streaming?”. Ed allora il problema forse è uno. È proprio lo streaming che vi ha mal abituato. Ripeto, l’Arte ha un prezzo e se pagate per vedere una partita di calcio perché non avete c’è la Cultura di pagare per un live in streaming? Perché undici, pardon, ventidue giocatori che corrono dietro ad un pallone hanno un valore mentre una band no? Perché acquistate il merchandising della vostra squadra del cuore e poi i dischi li ascoltate gratis? Non è così che si sostiene la musica. Così siete anche voi complici di un settore che è sempre più in ginocchio. Ovviamente non mi riferiscono alle major, loro guadagnano sempre e comunque. Vi ergete a paladini della cosiddetta musica “indie” e dunque perché non li sostenete acquistando il loro cd ed andando ai loro live dove, vi garantisco, i biglietti hanno un costo accessibile per tutti? Nulla vi è dovuto gratuitamente, benché meno la musica che è da sempre l’amica che sa accoglierci nei giorni tristi come in quelli felici.
STREAMING: IL CALCIO SI PAGA, PERCHE’ LA MUSICA NO?
La musica non è finita. È cambiata, in male o in peggio lo stiamo scoprendo giorno dopo giorno. Dopo un anno di stop forzato, sono state riposte tante speranze nel nuovo anno, immagino l’ansia che ha avuto il 2021 allo scoccare della mezzanotte. C’era un immenso bisogno di aggrapparsi a questa speranza ma, in fondo, tutti sapevamo che era un’utopia. Non sarebbe bastato un cambio del calendario a riportarci ad una normalità la cui mancanza ormai pesa come un macigno. Cosa è accaduto alla musica in questo lasso di tempo che ancora non vede una fine? Non potendo accogliere nei propri club la musica live, si è fatta la scelta più ovvia: ci si è aggrappati allo streaming. Un gesto quasi disperato per fingere che andava tutto bene e che ne saremmo usciti presto e migliori. Ad oggi posso affermare che non va nulla bene, non ne usciremo tanto presto e no, non siamo nemmeno migliorati. L’esempio ultimo in ordine cronologico quello che doveva essere “il concerto” o meglio “L’Ultimo Concerto” la cui diretta streaming era prevista il 27 febbraio 2021, esattamente un anno dopo l’ultimo evento live. Cosa è stato L’Ultimo Concerto? Una provocazione organizzata da circa 130 live club che hanno coinvolto artisti del calibro di Diodato, Subsonica, Roby Facchinetti, Manuel Agnelli, i Pinguini Tattici Nucleari, I Ministri, Marina Rei, Ghemon, Brunori, Ligabue, Caparezza, Lo Stato Sociale solo per citarne alcuni. Tutti in difesa dei live club. Ma cos’è accaduto? Alle 21 in punto del 27 febbraio, oltre 100,000 e sottolineo centomila persone, hanno provato ad accedere alla piattaforma. Pochi secondi di backstage, quel giusto per far salire un po’ l’adrenalina (in streaming? mah!) poi il silenzio ed un messaggio: “Nessun concerto. Ecco, lo avete capito anche voi. Qui è dove siamo adesso: la realtà che viviamo oggi, che rischia di essere anche il nostro domani. L’Ultimo Concerto? L’avete già vissuto, nel 2020. Il Prossimo? Noi vogliamo che ci sia! Dateci voce, ci mettiamo la passione e i palchi!” A seguire, dai propri social, sono partiti i messaggi degli artisti coinvolti a rafforzare la protesta dei live club. Ma qual è stata la reazione dei centomila utenti? Non tutti l’hanno presa bene, qualcuno ha compreso e manifestato solidarietà, altri, e non pochi, hanno espresso dissenso perché attendevano questo evento da settimane. Io ho trovato assurdo e sconcertante questo malumore. Possibile che non vi rendiate conto che è lo streaming ad aver messo in ginocchio l’intero settore? Voi comodamente sulle vostre poltrone, magari con pizza e bibita eravate pronti a godervi un live gratuito senza capire che l’Arte ha un costo. È un lavoro. A voi arriva il prodotto finito, ma dietro c’è il lavoro di migliaia di persone che da un anno a questa parte, non vedono un solo euro. Sorge spontaneo chiedermi (vi) ma sareste stati disposti a pagare per questo live? Salvo la pace di qualcuno, vi sento già dire “Perché pagare per vedere un concerto in streaming?”. Ed allora il problema forse è uno. È proprio lo streaming che vi ha mal abituato. Ripeto, l’Arte ha un prezzo e se pagate per vedere una partita di calcio perché non avete c’è la Cultura di pagare per un live in streaming? Perché undici, pardon, ventidue giocatori che corrono dietro ad un pallone hanno un valore mentre una band no? Perché acquistate il merchandising della vostra squadra del cuore e poi i dischi li ascoltate gratis? Non è così che si sostiene la musica. Così siete anche voi complici di un settore che è sempre più in ginocchio. Ovviamente non mi riferiscono alle major, loro guadagnano sempre e comunque. Vi ergete a paladini della cosiddetta musica “indie” e dunque perché non li sostenete acquistando il loro cd ed andando ai loro live dove, vi garantisco, i biglietti hanno un costo accessibile per tutti? Nulla vi è dovuto gratuitamente, benché meno la musica che è da sempre l’amica che sa accoglierci nei giorni tristi come in quelli felici.
Redazione MusicaMag