Stefano Lombardo, “Le cose che passano”. Otto tracce di genere cantautoral/pop che partono in salita, con le primissime frasi del primo brano, “Dietro una chitarra”, che fanno temere un’ennesima emulazione mengoniana, sensazione attenuata nel prosieguo dell’ascolto che si adagia su di un giro di note decisamente “radiofonico”, ma non esaltante.
Incuriosisce il secondo brano, “Come Patrick Swayze”, sia per il richiamo all’attore prematuramente scomparso, sia perchè la chitarra di Lombardi (nato prima chitarrista e poi cantante) qui si fa più nitida e “leggibile”. In “Senza colore” la chitarra si fa più ruvida, ma è l’impronta cantautorale di Lombardo a far si che non divenga mai invasiva. Bella l’introduzione ed interessante il testo di “Passeremo il fronte”, ma il brano forse più convincente dell’intero album è “Il vento di ottobre” in cui emerge e si conferma definitivamente la capacità di Lombardo di tratteggiare, brano dopo brano, le incertezze, le amarezze, le delusioni e le malinconie dei ragazzi della sua generazione. “Cadono le bombe” è, al contrario, forse il brano meno riuscito (cedimento fisiologico presschè scontato, non è grave), mentre si riprende quota con “Sarà un giorno migliore”, che tratta la tematica forte ed attualissima dell’attesa di un’occupazione che fa di molti giovani e padri di famiglia soggetti esposti a tutti i rischi di un’ingiusta frustrazione. Si chiude con “Preglia 90”, altro brano “radiofonico”, ben arrangiato, che pennella unq uadretto di provincia molto verosimile. Un buon prodotto nell’insieme in cui non si può ignorare il contributo pesante di Francesco Adessi, produttore, coautore di diversi brani, onnipresente o quasi in cori e programmazione. Stefano Lombardo, dal punto di vista artistico, non ha una personalità marcata. Insomma, nulla di lui e del suo modo di fare musica destano stupori immediati. E’ però un buon “artigiano” che forgia con diligenza e passione le sue creature: le canzoni.