SON TORNATI I…TEMPI DURI

Chi è stato giovane negli anni ’80 quasi sicuramente se li ricorda. I Tempi Duri, un quartetto di ragazzi di buone capacità e belle speranze che comprendeva un giovanissimo Cristiano De André, prodotti dal grande padre di quest’ultimo e da Dori Ghezzi per la Fado. Il gruppo, talvolta presente anche sul palco in occasione dei concerti dello stesso Fabrizio De André, ebbe una breve stagione di successo, di pubblico e di critica, con l’uscita dell’album “Chiamali Tempi Duri”, lavoro che subiva la forte influenza del sound – allora di assoluta attualità – dei Dire Straits.

Poi… sono passati gli anni. Trentatré, per la precisione. C’era da pensarli ormai dispersi in altri progetti, trasportati dalla vita in altre esperienze, in tutt’altre faccende affaccendati. Ed invece ce li ritroviamo qui con questo nuovo cd “Canzoni segrete”, che profuma un po’ di nuovo e un po’ d’antico. Che sembrerebbe un risveglio nel desiderio di guardare ancora al futuro, e nello stesso tempo un nostalgico sguardo al passato. Irresolute anche le canzoni che – abbandonata ogni forma di emulazione – procedono con passo piuttosto sicuro per il loro personale percorso. Non tutti i brani sono memorabili, ma spiccano alcuni piccoli gioielli. Valorizzate dalla voce calda ed artisticamente matura di Carlo Facchini, risultano particolarmente riuscite le ballate: suadenti, toccanti, profonde, talvolta struggenti. E’ il caso del brano d’apertura “Giulietta”, che su una base musicale che riecheggia un’aria vagamente rinascimentale, suggerisce una nuova storia d’amore in una città piovosa con chissà quale Romeo. O della graziosa “Mattia” che racconta il piccolo dramma infantile – che in un modo o nell’altro molti di noi hanno vissuto – del distacco da un amichetto amatissimo. Da notare il “cameo” di Cristiano De André che, pur non facendo più parte della band, presta la sua voce nel brano “Con le nostre mani”, sorta di spiegazione per il lungo silenzio. Un lavoro dunque sospeso tra passato e futuro, tra la nostalgia del tempo trascorso, e la palpabile voglia di mostrare che nulla è ancora finito, che la vita ancora si snoda davanti per un bel tratto, e che c’è ancora molto da dire e da fare. Ben fatto, vecchi cari ragazzi!

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