Da pochi giorni è in circuitazione “Roma svuotata”, il nuovo abum di Rasmo (al secolo Federico Pastori, romano, formatosi al Saint Louis di Roma in piano jazz, si definisce un rappautore ed in realtà strizza l’occhio anche in questo lavoro, in un paio di circostanze, al rap più corrente senza però mai esagerare).
Cantautore, ma occorre capirsi sulle definizioni poichè Rasmo non ha nulla del tratto cantautorale tradizionale, sia musicalmente sia ancor più dal punto di vista testuale. Ma è certamente cantautore perchè scrive ed interpreta i suoi brani, tutti percorsi da una piacevole, anche se un po’ ripetitiva leggerezza. Ottima quindi la scelta di proporsi con otto tracce, perlopiù di brani di durata inferiore ai tre minuti, proprio perchè giocati sulle corde di andamenti spesso frizzanti e ritornelli scanzonati che vanno al di là dell’album concettuale cui ci ha abituati il cantautorato più impegnato e profondo, talvolta un po’ palloso.
S’inizia con “C’est la vie” che nella sua semplicità e con una buona linea melodica rappresenta il preludio di quel che sarà l’intero progetto. “Roma vuota” si presenta con soluzioni musicalmente più interessanti ed un gioco di chitarre avvolgente. “Bene punto” è il primo brano che in qualche modo evoca quella parte d’anima di Rasmo che guarda al rap, non male musicalmente, ma il brano non è gran cosa e l’inserimento della voce femminale è una buona variante che aiuta, ma non risolve. “Gianicolo” comincia a farmi capire che l’artista ha un clichè compositivo che torna, però testualmnte questa canzone dice qualcosa in più ed ha un ritornello che “arriva” grazie anche ad un curioso gioco di parole. “Sciroppo” non si discosta troppo da quanto sin qui ascoltato e fors’anche per questo non decolla del tutto e non convince. “Piovicicca” ha un testo assolutamente asservito alla dinamica musicale, che è nel complesso piacevole, ma forse sacrifica un poco lo spessore del brano. Si torna a rappare, ma non troppo, in “Labirinto”, anche qui al servizio della tempistica musicale più che della dimensione narrativa (ed è proprio in questi contesti che scaturisce la variante tra cantautore impegnato ed autore dei propri brani). E si chiude con “Glovo”, in linea con l’intero lavoro, gradevole all’ascolto, agile, buona chiusura dell’album. E’ quello di Rasmo un album che in definitiva propone otto buone canzoncine, senza troppe pretese, interpretate, va detto, con una certa originaltà ed in un paio di circostanze anche con soluzioni musicali interessanti. Non ci si imbatte nel pezzo che fa sobbalzare sulla sedia, ma neppure in qualcosa di sgradevole. Un buon lavoro complessivo per approdare alla realizzazione di un progetto riuscito nella sua leggerezza.