Difficile parlare di un album che si pone subito ai margini di ogni circuito, non cerca il consenso ad ogni costo e si avventura anzi lungo percorsi impervi, che a tratti sanno di sperimentazione, talvolta avvolgono chi ascolta in atmosfere oniriche, quasi sempre affascina per la pulizia dei suoni mentre pare voler tratteggiare universi sconosciuti. Dario Vero, con il suo “Lucid Dream”, mette in campo musicisti di tutto rispetto, ma anche idee che valicano ampiamente la soglia del consueto concetto di cd.
Ne è un esempio il brano introduttivo, “Roy’s Childhood”, lo è ancor di più “Deep Blue” che preparano il campo a scampoli di autentica maestria chitarristica dello stesso Vero. Le tracce sono sedici, la penultima dà il titolo all’intero lavoro e precede “Interstellar solitude” che ben rappresenta l’incanto di ciò che il titolo va ad annunciare. Un album quindi nell’insieme molto interessante, ma destinato all’attenzione di pochi, anche laddove pare volersi accostare al rock meno scontato (o forse più abusato come nel caso del brano “Alpha Centauri”). Prodotto da Dario Vero, il cd è stato pubblicato con l’etichetta Terre Sommerse.