“NON E’ UNA FAVOLA” IL NUOVO ALBUM DI BONAFFINI

“Non è una favola” è il nuovo album di Luca Bonaffini, cantautore di lungo corso che fu anche collaboratore di Pierangelo Bertoli sviluppando poi un interessante percorso artistico personale senza mai scostarsi da una dimensione rigorosamente cantautorale, di quelle che hanno radici nella storia più autentica del cantautorato italiano. Questa volta però, a mio avviso, Bonaffini ha voluto esagerare realizzando un album che contiene dodici tracce, tutte di sola voce e chitarra. Dodici tracce sono molte, lo vado ripetendo da tempo, in un’epoca in cui la gente dei giornali legge solo più i titoli e le canzoni le ascolta quasi sempre a metà; è la generazione della sintesi e del tutto subito. Ecco perchè un album, tutto coraggiosamente giocato soltanto su voce e chitarra, rappresenta oggi a mio avviso un piccolo azzardo.

Si comincia comunque con “Il giardino dei fiori mi cresciuti” che è un brano molto delicato dal decollo un po’ difficile e con un testo narrante come quelli di vero cantautorato. Evocativa ed un po’ più immediata della canzone precedente è “Il berrettino rosso” mentre appare subito divertente “Al lupo! Al lupo!” con i suoi doppi sensi ed il suo andamento decisamente più dinamico. “Cenere d’Oriente”, anche musicalmente si rifà ad atmosfere geograficamente lontane ed è sempre piacevole la dimensione narrante del testo.  Più dinamica ed anche questa per alcuni aspetti divertente è “Gatto per caso” che gioca assai sul paradosso mentre “L’uomo con la barba finta” a mio avviso comincia a far sentire il peso di una dimensione complessiva un po’monocorde. Meno male che “Pollice verso” ritrova una linea melodica più accattivante mentre “Bella addormentata nel metrò” è a mio avviso il brano più bello dell’album: mi piace l’intuizione testuale, le immagini che via via si disegnano, la poesia che accompagna l’osservazione di una situazione apparentemente statica, entro la quale però si muove un mondo. Mi faccio un pieno i banalità con “Il principe stanco” mentre ritrovo un bell’intreccio di parole in “Piccole fate” delicato nella crudezza dell’argomento che affronta. Non mi piace “Perrault”, ma forse sto risentendo un po’ di un percorso che fa fatica a mantenere desta l’attenzione prima di chiudere, direi nuovamente bene con “Guarda il mondo coi miei occhi”. Lo spessore artistico di Bonaffini non si discute, ma qui un paio di canzoni in meno avrebbero probabilmente reso più fruibile il prodotto finale. La lucidità dei testi non tradisce mai ed anche la chitarra, pur essendo sempre e solo quella, risulta un piacevole ascolto. Direi un abum buono, che manca un po’ di agilità.

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