NODE, USI E ABUSI DELL’ELETTRONICA

“Human Machine” è il titolo del nuovo album dei Node, di recente pubblicazione. Otto tracce fitte di musica elettronica e di punk che intreccia l’alternative, con risultati talvolta gradevoli, spesso confusi. S’inizia con un paio di brani che rivelano (o confermano) come la musica elettronica possieda il fascino un po’ perverso di una certa freddezza che a tratti può però trovare una propria identità.

 

 

“The shift” e “Soulsucker” non sono brani indimenticabili, ma servono per un percorso iniziatico di elaborazione all’ascolto di quanto seguirà. E non è certo un caso se la terza traccia, “The universe”, consente di apprezzare una maggiore completezza dei suoni ed una migliore integrazioni degli intenti. In “We come in peace” l’uso dell’elettronica diventa abuso e ci si avventura su di un terreno di soggettività che impone un secco distacco tra chi ama questo genere musicale e chi invece noi riesce a ritrovarci le risposte alle proprie attese. “Dark shadows” è un brano allo stesso modo debordante, ma più sorprendente perchè qui, tra il tanto e il troppo che si sovrappongono e si rincorrono, compare in seconda linea una traccia melodica che riesce gradevole e rivela una cifra artistica non troppo rigidamente ancorata a clichè predeterminati. Non fanno né faranno troppa storia “Freepocalypse & easy returns” e “Best is cpming next” mentre una certa curiosità, soprattutto nella fase introduttiva, riesce a suscitarla la traccia conclusiva, “A god for humans” nella quale l’uso della voce ed un arrangiamento meno di maniera paiono voler lasciare una porta aperta per il passo successivo che vorrà compiere questa formazione.

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