E’ quello della band bergamasca Moruga, “Gallardo”, un album di rock a muso duro, che ripetutamente sconfina nel metal e talvolta strizza l’occhio al funk.
E’ un album, va detto subito, che è bello immaginare di poter ascoltare in dimensione live, per cogliere la grande energia che traspare, sia pure con qualche inevitabile cedimento, in un lavoro a lungo pensato e suonato con slancio. Il brano di avvio, “Hay”, non è il meglio come biglietto da visita, ma consente di apprezzare il grande fervore di batteria e chitarra, che ritroveremo in quasi tutti i brani del cd. Nel prosieguo dell’ascolto infatti, la parte ritmica assume contorni sempre più definiti e piacevolmente aggressivi ed in “Burning Man” s’inizia a percepire anche una linea melodica meno confusa. Preso atto della forza che sa sprigionare questa band, allo stesso modo occorre però rilevare, via via, che nell’insieme fatica a trovare una propria originalità. Di brani simili se ne ascoltano diversi, a fare la differenza può essere la capacità esecutiva dei singoli musicisti, ma non lo spunto che, a prodotto ultimato, ne individui una cifra stilistica più identitaria. Ciò nulla toglie alla buona fruibilità del progetto, che ha comunque le sue stranezze, come la brevilinea traccia di “I Don’t Give a Funk feat. Hasma (What A Funk?), titolo quasi più lungo della canzone che dura solo 1’e 09”, oppure la nona traccia denominata “Intro” su di un lavoro che di tracce ne conta dieci in tutto. Brano molto interessante è “Roboduck” i cui arrangiamenti offrono qualche respiro di originalità, l’insieme è strumentalmente intenso e il breve testo passa in second’ordine poiché qui a farla da padrona è la musica ed è buona musica. Meno gradevole “4 Minutes Of Hate” che negli intenti vorrebbe essere uno sfogo (contro chi? e perché?) ma alla fine ha più i tratti di un delirio. Bene invece “Sweet Sound Stereo” in cui la voce si fa evocativa quasi a voler concedere respiro ad uno spazio più riflessivo e si chiude con “Motorchina”, un brano molto dinamico che risulta subito coinvolgente, con un arrangiamento “arrembante” ma equilibrato, con nella seconda metà una sontuosa chitarra ed una non meno penetrante batteria ed un finale di metal feroce, quasi a voler suggellare l’ultimo passaggio di questo lavoro vibrante. “Gallardo” insomma si guadagna una sufficienza piena grazie all’ottima struttura di questa band; sufficienza che potrebbe anche essere qualcosa in più se solo si trovasse una chiave musicalmente più personalizzata e che meglio assuma il profilo artistico dei componenti della band.