E’ un album tutto sommato piacevole questo “Oplà” dei Moca, una band ligure che propone nove tracce sostanzialmente caratterizate da due attributi rilevanti: ottima dotazione vocale del cantante e buona musicalità. Detto questo, non significa che siamo al cospetto di un capolavoro, ma quanto meno ci siamo scrollati di dosso almeno un po’ di quei “percorsi obbligati” che troppi canzonettari oggi recano sulle spalle: il rock ad ogni costo, il rap ad ogni costo, un corredo musicale troppo invasivo che sovrasta e spesso annulla il cantante.
“Oh cielo” è il primo brano che risulta interessante proprio per le caratteristiche suddette e lascia la sensazione di una buona personalità di gruppo. “Promesse” conferma quelle sensazioni, c’è spazio per prestare un po’ più d’attenzione al testo e coglierne gli aspetti positivi, pur se non ha una continuità narrante (sottintende che canta sensazioni senza raccontare una storia vera e propria). “Relazionatore” sfodera nuovamente una buonissima vocalità ed una fruibilità che, come per i brani precedenti e parte di quelli successivi, non scopre assolutamente nulla di nuovo ed anzi, ricalca una struttura-canzone piuttosto tradizionale, innestata però su suoni (molti elettronici) contemporanei. “Le piante” è una bella intuizione dal sapore social-ambientalista con arrangiamenti dai contorni piuttosto minimalisti. “Bailamme” è un pezzo che scorre gradevolmente, ma è da “Varanasi” in poi che comincia a farsi largo qualche sensazione diversa: non vengono certamente meno le buone caratteristiche già recepite e citate, ma il percorso comincia a farsi un po’ affannoso perchè, in fondo, queste canzoni rischiano di somigliarsi un po’ tutte, pur se la fruibilità non viene mai meno. “Astenopia” è un brano un po’ noiosetto che esplode in una pienezza musicale quasi improvvisa e sopra le righe, destando per questo qualche perplessità. “Soffritto di sertralina”, al di là del titolo buffo (la sertralina è un farmaco che combatte la depressione) ci consegna una canzoncina che funziona, ma che non sorprende. E si va a chiudere con “Amira”, brano più ritmato e dinamico, giustamente vivace per una chiusura gradevole. In questo nove tracce non vi è un brano che si possa definire assolutamente non riuscito, però il percorso avanza passo dopo passo, lasciandoci anche la sensazione di una voce molto bella e modulata, ma un po’ monocorde. Insomma, l’album merita una sufficienza ampia con la consapevolezza però che non vi è un brano in particolare che rimanga mella memoria di chi ascolta nè che induca ad un riascolto. Segno che c’è ancora molto da lavorare.