Si chiamano Misero Spettacolo ed è di recente pubblicazione il loro cd “Porci, pecore e pirati”. Ben quattordici tracce sulle quali è opportuna una riflessione perchè definire questo album un progetto musicale sarebbe improprio. Ogni brano pone la musica al servizio dei testi, tant’è che, approdati alla fine dell’ascolto, ciò che rimane nella mente di questo lavoro sono soprattutto le frasi ed i concetti espressi in alcune delle canzoni.
Testi e musiche sono di Giuseppe Tranquillino Minerva il quale si avvale della collaborazione stabile di altri quattro musicisti oltre che di svariate collaborazioni. Il cd è anche patrocinato dal Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna. Un lavoro concettuale che in diverse forme, tra allegorie ed ironia, sarcasmi e sberleffi vuole mettere a nudo le ipocrisie e le contraddizioni della società, avendo quale denominatore comune quel disagio di vivere accresciuto proprio dalla consapevolezza di dovere ogni giorno fare i conti con false verità ed improbabili personaggi. Un buon tessuto sul quale lavorare, non fosse che talvolta si ha la sensazione che si vada sopra le righe, calcando la mano proprio su quella dimensione allegorica che sfiorà più facilmente il delirio che non il sottinteso. La dimensione teatrale dell’insiene appare abbastanza evidente, ma non mancano elementi di perplessità (ascoltiamo in “MMM” “…la verità è che i segni mappano la pelle e che i ricordi scrivono le spalle geografie della pelle su cartografie che in verità mi tocca ringraziare se sulla pelle posso consultare questa mappa per non perderti mai…” se vuole essere una sorta di dichiarazione d’amore potrebbe generare turbe psichiche gravi). Giuseppe Tranquillino Minerva sa giocare con la voce, sa modularla e colorarla a seconda delle circostanze che va dipingendo. E occorre approdare alla fine del percorso per apprezzare un brano che sa di poesia vera come “L’uomo di foglie” o la canzone che è l’essenza dell’intero lavoro, quel “Transumanza” che racchiude, in oltre sette minuti, il senso di ciò che questo album vuole trasmettere, confermandone, in modo ancor più accentuato, la vocazione teatrale. Un disco difficile, in cui la musica è una componente, ma non “la” componente, in cui i testi sono l’essenza del percorso, ma non sempre riescono a svelarne gli intenti. Un disco da ascoltare una volta (e fors’anche da vedere, diversamente rappresentato), ma che difficilmente si presta ad un riascolto.