E’ un album ben strano questo “Altamente digeribile”, rcentemente messo in circuitazione da Lino Pinna, cantautore lombardo con alle spalle un lungo percorso artistico personale e di collaborazioni, tra le quali quelle con Cheope, Mogol e Lavezzi. Dieci tracce nelle quali è possibile trovare un condensato di diversi generi musicali che vanno a generare un album di fatto indefinibile, ricco di colori, ma anche di chiaroscuri.
S’inizia con “Io non mi diverto mai”, pop allo stato puro fatto di piacevoli suoni, di un testo disarmante affidato ad una voce, quella di Lino, che come il suo album risulta alla fine di difficile definizione; si aspetta il brano successivo per capire. “Il popolo ha bisogno” è un improbabile manifesto politico che forse, negli intenti dell’autore, dovrebbe portare un messaggio sul quale riflettere, ma alla fine ci si accorge che sin questo pop di maniera, una sola frase può essere regalata alla riflessione di chi ascolta: “…lo sai che non può esistere un mondo ideale, l’unica rivoluzione è quella spirituale…”. E si prosegue con “Fidati” in cui il nostro dottor Jekill e mr. Hyde toglie la giacca dell’intrattenitore da spiaggia per vestire quella del cantautore vero, andando ad imbastire una bella canzone, con un ottimo testo, buoni arrangiamenti, una voce (poca in realtà) molto suadente e la dimostrazione che sa scrivere canzoni. “Preghiera” è meno interessante del brano precedente, ma anche qui ci possiamo trovare una certa valenza cantautorale in un contesto musicale più pieno. Ma con “Trap Olà” torniamo alla leggerezza, con un brano che farebbe la gioia di tanti bambini che certamente lo canterebbero in coro a voce piena. Ed ecco “Gli eroi di Fortnite” con cui si rende invece omaggio al rap (oggi pare inevitabile) ed il camaleonte Pinna si butta a capofitto anche in questa dimensione. Ci si addentra in un format più propriamente da balera ascoltando “Ma quando vien la notte”, canzone dall’aria latina che sicuramente porterebbe in pista tante multicolori e pingui madame ridenti e che ci regala un ottimo fraseggio di tromba e pianoforte. “Meravigliosa povertà” riporta invece alla dimensione cantautorale, anche se in chiave più moderna, brano che sa di nostalgia e di rimpianti. S’inciampa quindi in “Il sogno”, forse il brano peggiore dell’album e quindi da dimenticare in fretta per chiudere poi con un pezzo solo strumentale intitolato “L’immagine nel cielo” che non so da che cosa sia stato ispirato, ma che sarebbe ottimo per un documentario di astrofisica. Pinna credo che con questo lavoro dia consapevolmente la sensazione di chi ha scelto di non scegliere. Il caleidoscopio di generi che propone potrebbe apparire un tentativo di “captatio benevolentiae”, un po’ qui un po’ là i consensi arrivano e accontentiamo tutti. Dà però anche prova di una certa dimestichezza musicale che amplia la sua “offerta” artistica. L’album è strano, ma non brutto. Anche i pezzi più disimpegnati (e talvolta anche un po’ stucchevoli) hanno però una loro sicura fruibilità e quindi ci può stare un elogio alla stranezza.