Scrive su “La Stampa” il collega Gabriele Ferraris:: “Ho avuto il piacere di conoscere Virginia Tiraboschi, la direttrice per la Cultura della Regione Piemonte.Braccio operativo dell’assessore Coppola, è lei che decide, in un momento tanto cupo, con pochissimi soldi in cassa, la vitao la morte di un’associazione culturale, di una compagnia teatrale, di un festival. Le ho chiesto quali criteri intenda seguire. Lei mi ha risposta che «la discriminante principale sono i numeri».
Non ho capito subito, e lei paziente mi ha spiegato che si devono privilegiare le iniziative che richiamano più pubblico. Ho obiettato che, con quel criterio, Franco e Ciccio avrebbero fatto aggio su Buñuel. Lei mi ha guardato con la faccia un po’ stupita, non so se per la parola «aggio», o per il concetto in sé e per sé. E ha precisato: «Dipende da caso a caso». Le ho fatto l’esempio del Folk Club, che da anni propone musica di altissima qualità, ma che può ospitare un centinaio di spettatori, o poco più. Che fare? Lei mi ha ripetuto che «dipende da caso a caso». Ma non ho avuto l’impressione che sia una frequentatrice assidua del Folk Club. La dottoressa Tiraboschi mi ha poi spiegato che il pil non cresce, che siamo in stagflazione, e che lei viene dal marketing ed è convinta che anche la cultura deve rendere. Ho convenuto che è giustissimo, ma che pare difficile sbancare i botteghini con Ibsen, mentre l’operazione appare più agevole conChecco Zalone. Lei ha precisato che è questione di percentuali, che non ha senso finanziare completamente una manifestazione già ricca di suo (mi ha citato gli Mtv Days, un momento d’alta cultura) e che in quei casi potrebbe bastare una partecipazione del 5-10 per cento.Ma, ha aggiunto, bisogna prima di tutto individuarei i «rami secchi » da tagliare. Penso si riferisse, per usare le sue parole, alle «cose di nicchia, per un pubblico ristretto». La dottoressa Tiraboschi tiene però a precisare che «io sono alla direzione della Cultura, m adi cultura ne so pochissimo». Colgo l’occasioneper comunicare a quanti possano essere interessati che io so pochissimo di giornali e giornalismo: spero così che mi chiamino a dirigere il «New York Times»”.