Ho appreso della morte di Amy Winehouse dai giornali online, come credo quasi tutti noi. Solo pochi giorni or sono, avevo visto su youtube la sua penosissima esibizione di Belgrado, quella che avrebbe dovuto segnare il suo grande ritorno e che, invece, ha scandito la sua fine. In quella circostanza Amy avrebbe dovuto dimostrare al mondo di essere uscita da quella dipendenza dall’alcol e dalla droga che paradossalmente stava rendendo schiava una ragazza che, grazie al suo talento, aveva saputo “incatenare” alla sua incredibile voce tanti fans. Non ce l’ha fatta perchè nella vita di una ragazza ci possono essere valori più importanti del successo, del denaro, della fama. Non ce l’ha fatta, perché evidentemente aveva la sensibilità che le ha impedito di farsi bastare ciò che alla maggior parte delle sue coetanee sarebbe stato vissuto come un sogno ad occhi aperti. Il fatto è che Amy quei valori non è riuscita a trovarli, pur percependone nitidamente l’esistenza. E questo ha fatto sì che cessasse di volersi bene. Percepire qualcosa di grande, di immenso e non riuscire a coglierlo. Non riuscirci, nonostante il denaro ed il successo perché denaro e success sono commisurabili e statisticamente valutabili. Ma i valori, quelli veri dell’esistenza, non hanno metri di misura e nessuna statistica li può collocare su di una qualsivoglia scala. E allora, la droga, l’alcol, gli atteggiamenti da ragazzaccia, gli eccessi sempre e comunque, sicuramente una disperata solitudine vissuta con rabbia ed impotenza. Il senso di una vita che affonda mentre tutto intorno pare gridare il contrario. Fino all’ultimo sospiro, fino a quell’ultima canzone rimasta senza parole su quel palcoscenico di Belgrado. Molti ne dubiteranno, ma io credo che Dio terrà accanto a sé con la cura che solo Lui sa dedicare ai più deboli l’anima inquieta di Amy.