LA “TERRA SPORCA” DI ENNIO REGA

Un lavoro pregno, quasi sovraccarico, di tante cose, l’ultima fatica del cantautore salernitano Ennio Rega, “Terra Sporca”. E quasi nessuna delle tante tematiche contenute è serena o gradevole.

 

 

Ci sono sogni e utopie, ma soprattutto trasuda disperazione, tristezza, melanconia, accusa. E c’è tanta rabbia: verità squadernate a volte in modo quasi scomposto in faccia all’ascoltatore. Testi pesanti, lanciati con furia come sassi in giro, basi musicali sovraffollate di parole che a volte si affastellano sulle note, sin quasi a tentare di andarsene per i fatti loro, senza considerare più di tanto il background strumentale, peraltro molto interessante, che le dovrebbe sostenere. Si percepisce quasi un’ansia di comunicazione in questo cd, che però a tratti si ritrae in episodi di assoluta introversione, in momenti che ricordano esasperati soliloqui. Nel novero dei sogni e delle utopie si colloca immediatamente il primo brano “Sgacio” che ipotizza la costruzione, piena di dettagli molto pratici, quasi tecnici (il che ci ricorda anche l’altra professione di Rega: architetto) di una piccola abitazione ad impatto zero. E poi drammi attuali ma anche di sempre: la disperazione della disoccupazione ne “Il Quaderno di Angiolina” e quella della giustizia ingiusta di “Innocente”. La nostalgia di un altro impegno morale e politico ne “Il condominio delle insegnanti”. Riflessioni quasi intime nel brano che dà il nome all’album “Terra sporca” e in “Ripensa inventa”. E anche in “Tutto non è qualsiasi cosa”, quest’ultimo non privo di una certa vena polemica prettamente politica. Insomma un lavoro molto “denso”, dolente ed impegnato: certo non adatto ad un ascolto rilassato o in qualsiasi modo distratto.

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