Si chiama Missey, è foggiana ma milanese d’adozione ed è recentemente uscito il suo primo Ep “Prima parte del celeste”, sette tracce (in realtà sei, tralasciando “Demie Interlude” che dura meno di un minuto, è strumentale ed assolutamente rinunciabile).
La sua è una voce che si fa strumento, tali e tante sono le tonalità, le tinte, le impennate che caratterizzano il suo canto. Certamente un “fenomeno” dal punto di vista tecnico, che può incuriosire ed anche entusiasmare, come spesso entusiasmano i virtuosismi. Poi però, dovrebbero esserci le canzoni, i testi, le linee melodiche e qui ci siamo molto meno. Quando una voce viene piegata a tal punto (ma vorrei quasi dire sacrificata), per coniugarla con una dimensione elettronica che ne valorizza gli effetti, ma ne ridimensiona i reali contenuti timbrici, stiamo parlando di un qualcosa che desta almeno qualche perplessità. Missey canta, ma spesso non si comprende ciò che sta cantando (eppure canta in italiano!) perché la sua voce e gli effetti elettronici divengono con troppa frequenza un tutt’uno. Ma, del resto, in una dimensione artistica come quella che questa giovane foggiana propone, la “lettura” dei testi è un optional perché quelle canzoni non sono fatte per narrare, ma per avvolgere chi ascolta in atmosfere surreali. E, nonostante la singolarità del progetto, anche qui non poteva mancare il rapper ospite di turno, nel brano “Hikikomori” nel quale, accanto a Missey, compare anche Canntona. Dire che questo Ep sia sgradevole non sarebbe giusto, come altrettanto ingiusto sarebbe additarlo come una sorta di capolavoro. E’ semplicemente un qualcosa di diverso, se vogliamo, di sperimentale, prove tecniche di vocalità insomma. Che personalmente mi lasciano una certa indifferenza