A inviare un contributo di riflessione sul tema “La musica è finita? Quale futuro per la musica?” è questa volta Charlie Risso, cantautrice genovese. Dopo i primi approcci con il canto e le sette note, si trasferisce a Milano per studiare arti grafiche e poi a Londra dove inizia a scrivere con la chitarra i primi brani, alcuni dei quali saranno contenuti nel suo primo album “Ruins of Memories”. Inizia quindi a lavorare come decoratrice pittorica mentre in parallelo continua a scrivere e ad esibirsi . Nel 2006 e nel 2007 viaggia negli USA con la band Red Wine approdando anche al famoso Hardly Strictly Bluegrass Festival, uno dei festival musicali più grandi, liberi e amati del Paese. Il suo ultimo abum è dell’inizio del 2021 e s’intitola “Tornado”.
La musica non morirà mai! La musica ci aiuta a ricordare chi siamo e ad esprimerci liberando le nostre più intime sensazioni e stati d’animo. Prima di tutto la musica rappresenta la passione dell’artista, in tutti i sensi, nel bene e nel male e solo che per questo motivo, cosi forte e ricco di significato, che la musica non morirà mai. Se poi si affronta invece il discorso più venale del termine, spesso passione e dedizione non vanno affatto di pari passo con la possibilità di vivere del proprio lavoro. Naturalmente mi riferisco alla scena indipendente e non mainstream, ma è un pò come paragonare la vecchia bottega sotto casa (e purtroppo non esistono quasi più), con il megastore di una grossa catena. Questo fa parte ahimè del processo di globalizzazione, che include naturalmente anche le sorti della musica. Viviamo in un epoca di distribuzione di massa dove per riuscire a vivere di musica bisogna sperare di realizzare numeri da capogiro per quanto riguarda la distribuzione e penso banalmente ai vari distributori come Spotify ecc… Naturalmente questo periodo, segnato dalla pandemia mondiale ha penalizzato enormemente il mondo della cultura e dello spettacolo ma ha generato a mio giudizio, una sensibilità diversa. E’ come se le persone si fossero riappropriate della capacità di ascoltare davvero, apprezzando una tipologia di musica confortante e nostalgica e che non ha necessariamente bisogno di grandi effetti scenici perché in grado di arrivare con onestà a toccare le corde più intime della nostre sensibilità ed anche di accendere i ricordi del nostro passato. La musica infondo aiuta a rafforzare la nostra resilienza di fronte alle difficoltà. A lato pratico, per quanto concerne il periodo di ripresa dalla pandemia, credo si prospetteranno scenari di ascolto più intimi e circoscritti, oltre naturalmente alla ripresa dei grandi festival sui grandi palchi. Mi auguro davvero che possano resistere alla crisi i luoghi di ascolto più piccoli e raccolti, tenuti in piedi da coloro che nella musica credono con determinazione ma che ahimè soffrivano ancor prima della crisi pandemica. Sarebbe molto bello se tanti artisti e musicisti, soprattutto i più noti, si esponessero in minima parte esibendosi nei piccoli locali gestiti con passione, e cosi facendo contribuendo al tentativo di tenere in piedi queste straordinarie e spesso ricche di fascino, realtà.
Charlie Risso