Prosegue il nostro dibattito sul tema “La musica è finita? Quale futuro per la musica?” con Marco Testoni, compositore, percussionista e music supervisor per il cinema e la fiction. Testoni ha scritto e realizzato numerosi progetti musicali e discografici: dal jazz (Billy Cobham, Pollock Project e altri) alla canzone d’autore (Antonella Ruggiero, Paola Turci, Tosca, Edoardo De Angelis), dalla musica per film (Medusa, RTI, Sky) alle canzoni per bambini (Edizioni Paoline). Ha vinto il Premio Colonne Sonore 2014 nella categoria “Migliore Canzone per Film Italiano” componendo il brano “Io credo, io penso, io spero”, interpretato da Antonella Ruggiero con le liriche di Edoardo De Angelis per il film indipendente BlackOut.
No, la musica non è finita ma i vecchi amici se ne sono andati comunque. E con essi anche i palchi, le sale, i teatri, i club, i negozi di dischi, insomma: tutta quell’impalcatura che per anni ha sorretto e generato un pubblico e alimentato il lavoro degli artisti, le loro visioni e la loro arte. Oggi è tempo di artigiani, termine che mi è sembrato sempre sparagnino e col fiato corto, proprio perché sembra non disporre di quella scelleratezza che invece è insita nel ruolo dell’artista. Nell’immaginario collettivo gli autori non esistono più, gli unici visibili sono i cantanti e, nascosti dietro, nella buca mediatica delle telecamere, gli strumentisti ridotti a mere figure ornamentali. Il potere delle idee e della creazione originale non è più visto come un valore ma come un intralcio perchè oggi il conformismo è ai suoi massimi storici e l’apice dell’estro creativo è recuperare vecchi stili e modelli per giocarci su e trasformarli in copie di mille racconti. Se non sei classificabile sei espulso dal sistema. Eppure la migliore musica l’ha sempre fatta gente che era fuori dal coro, che scompaginava le carte, che ti sorprendeva spiazzandoti e qualche volta anche infastidendoti. Ma, nonostante questo, penso però che niente è finito e neanche la musica. Deve solo recuperare un nuovo senso, trovare nuovi spazi, forme e parole e smetterla di essere solo intrattenimento e visualizzazioni. Ce la farà anche stavolta se impareremo di nuovo l’arte di ascoltare e di essere ascoltati.