LA MUSICA NON E’ PIU’ AL CENTRO DELLA VITA. MA NON E’ FINITA

Schermata 2021-05-31 alle 14.42.22

“La musica è finita? Quale futuro per la musica?”, prosegue il dibattito promosso dalla nostra rivista che ha quale punto di partenza le due domande introduttive che sono state rivolte a svariati interlocutori, tra i quali Francesco Paracchini, giornalista, direttore responsabile della rivista musicale “L’isola che non c’era”

Rispondere alla prima domanda non è difficile, la risposta secca che mi viene è NO, la musica non è finita. Molto più complesso rispondere alla seconda. Già, qui non basta neanche la famosa sfera di cristallo. Troppe le variabili che stanno minando alle fondamenta quella straordinaria Arte che è la Musica. E non si tratta di dire “gli anni ‘60 e ‘70 erano un’altra cosa”. Lo sappiamo bene, quelli sono stati anni per certi versi unici, in una parola irripetibili. Ma non è nostalgia, è pragmatismo; quella forza dirompente che ha avuto la musica sulle persone non tornerà più. E non mi riferisco alla ‘qualità’ della musica prodotta, ma piuttosto a quel rapporto tra il pubblico (fruitore della proposta) e musicista (produttore della stessa). Senza voler andare indietro di secoli e riferendoci solo a qualche decennio fa, la musica aveva i suoi canoni precisi: un artista/gruppo creava, proponeva, e se alla gente piaceva il prodotto finale – il disco, il concerto – si creava un indotto. Un do ut des paritetico, tu dai qualcosa a me (emozioni) ed io ti riconosco un quid. Sto semplificando, sia chiaro, ma è giusto per dire che una certa logica esisteva. Da anni tutto questo è saltato e la pratica di avere tutto gratis ha fatto sì che il fatturato dell’industria musicale, il famoso indotto di prima, regga le sue fila su altro. Sulla crescita esponenziale di un artista attraverso i social, per esempio. Può aver più successo un artista di valore medio basso ma supportato da una strategia di marketing ben studiata piuttosto che un artista di talento che si muove sul mercato da solo o con logiche ormai superate.
Mi si perdoni se con “successo” parlo di soldi, quelli veri, che purtroppo ormai passano solo dai live (discorso pre-pandemia). E per fare i grandi concerti devi essere nella scuderia giusta, avere una forte esposizione mediatica. La qualità se c’è meglio, ma non è poi così importante. A furia di vederti ed ascoltarti, il pubblico si affezionerà. Provate a pensare se un qualche gruppo o un artista, venti o più anni fa, poteva esibirsi in un palazzetto o in un grande festival se non era davvero valido. Oggi questo è possibile. Basta pompare quel determinato nome in trasmissioni televisive, in radio, sui social, sulle app musicali e poi il palazzetto lo riempi. Certo, questo giochino è diventato maledettamente più facile da quando a farla da padrone sono solo due agenzie che si spartiscono il mercato dei live e delle trasmissioni musicali in tv. Per gli altri rimangono briciole. E non esiste a breve una soluzione. Bisognerebbe ricreare nella gente una coscienza del bello, ma ho paura che sia proprio il pubblico a non ricercare più cose nuove. Troppo distratto da altro. E quando dico “altro” ognuno ci metta quel che vuole, ma di certo la musica non ha più un ruolo centrale nella vita delle persone come l’aveva prima. Ammettiamolo. Ma chi ha talento però non demorda, continui a scrivere e a proporsi in ogni situazione (anche sui social e sulle app). “Gli amici se ne vanno” diceva la famosa canzone, ma invece la musica non è finita, stiamo attraversando un periodo complesso, ma gli amici torneranno.

Francesco Paracchini

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su google
Google+
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su pinterest
Pinterest

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione, se procedi nella navigazione ne accetti l'utilizzo.