L’approccio, negli anni, alla vexata quaestio del rapporto tra canzone d’autore e poesia, ha rivelato un variegatissimo campionario di modi pensandi. Ai due estremi opposti, da una parte il pressappochismo emozionale-non privo peraltro di un immediato fascino- degli strenui negazionisti di ogni distinguo in nome della pluripervasività di un afflato lirico tanto nebuloso quanto universale; dall’altra il purismo settario dei fautori delle gerarchie inamovibili tra le arti, pronti a sanzionare con fiero cipiglio indebiti sconfinamenti ed effimere contaminazioni. In mezzo, un intricatissimo telaio di argomentazioni, confutazioni, masturbazioni accademiche, citazioni obbligate (immancabili i Cantacronache, protagonisti della canzone popolare italiana degli anni 50’ e 60’), coloriture avventuristiche di geniali titolisti (palma d’oro per lo straniante “Italo Calvino cantautore indie pop”). Proprio quando la querelle sembrava sopirsi, in un clima di anestetico annacquamento postmoderno, l’attribuzione del “Nobel per la Letteratura” a Dylan ha scoperchiato un calderone fumigante di esibite costernazioni, beneplaciti di critici autoproclamati, infiammati j’accuse, patenti di poeticità a furor di popolo, musicologi in deliquio. Nel tentativo di una quadratura del cerchio ho coinvolto nella riflessione le poetesse Barbara Bracci e Ottavia Pojaghi Bettoni, il cantautore Nicola Pisu e le cantautrici Patrizia Cirulli, Patrizia Laquidara e Romina Falconi.
La poesia è un approccio alle cose. In musica, a seconda dei momenti storici, degli stili, degli artisti, può vivere nella perfezione dell’incastro tra note e parole, oppure in un mancato allineamento, quello che genera la scintilla, l’energia che si imprime. Penso, oltre ai cantautori riconosciuti, ad alcune canzoni degli anni Ottanta – nei quali sono cresciuta – : ce li ricordiamo per i ritmi che ancora ci fanno muovere in radio o alle sagre di paese, quasi automaticamente. Ma a guardare tra le righe, le parole di quelle canzoni contengono una potenza immaginifica, una provocazione, una fantasia e una malinconia che ci sono rimasti impressi dentro, come graffiti, pur senza saperlo. La poesia, è anche questo: un pentagramma del tempo e insieme un battito primordiale. Una contingenza eterna. Entrare e rientrare nella parola, quando si canta o si balla, può aiutare a capire molte cose. (Barbara Bracci)
Canzone d’autore e poesia sono arti sorelle, si somigliano. Talvolta si incontrano e si prendono per mano. Entrambe hanno come fine ultimo la bellezza, la comunicazione emotiva profonda, si muovono fra la delicatezza e il sentire.nNell’antichità, in fondo, poesia e musica erano unite. Nell’album “Mille baci” ho musicato in forma canzone poesie di grandi poeti, partendo dal suono delle parole e dal loro significato. L’ambiente sonoro e la melodia sono stati portati dalle parole stesse. Un processo a volte magico. Mi è capitato infatti, anche più di una volta, di leggere il testo poetico e sentire che stava già cantando dentro di me…(Patrizia Cirulli)
È difficile separare due sorelle così unite da una rispettiva gelosia positiva. La Musica consola, la Poesia è più capricciosa. Ma dubito possa esistere un capriccio senza che ci sia qualcuno ad alimentarlo, e per questo ritengo che entrambe, a pari merito, abbiano la stessa colpa, o se vogliamo, la stessa meravigliosa responsabilità. Esistere con l’una, non esistere senza l’altra. Cosa potrebbe mai esserci di sensato nel dividere un branco di lupi? Ognuno di loro ha il suo ruolo, ma solo la moltitudine del branco permette loro di sopravvivere, diventando unità. Allo stesso modo, cosa potrebbe mai esserci di sensato nel dividere la parola dalla musica? Renderle due rivali sospettose, isolate ed isolanti: questo forse è il delitto di chi compie l’utilizzo dell’una, senza rendere onore all’altra. Questo è il delitto di chi non sostiene la reciprocità genuina, indispensabile del suono e del linguaggio – che come due sorelle, hanno lo stesso sangue, e spesso, dunque, anche simili difetti. (Ottavia Pojaghi Bettoni)
Dal mio punto di vista, la canzone d’autore — mi riferisco ai testi e non alla parte musicale — è del tutto assimilabile alla letteratura e alla poesia. Tutto sommato, considerando la canzone nella sua interezza (testo e musica), credo ci sia un’enorme differenza con la poesia così come la si intende comunemente e come storicamente classificata. Infatti, mentre quest’ultima possiede una solida struttura in un testo solitamente scritto, nel caso della canzone il testo si appoggia e fonde su una melodia, un’armonia e un arrangiamento ricco o scarno che sia. Insomma il testo della canzone possiede un vestito, la poesia è nuda. E con questo non voglio dire che la poesia valga più della canzone: sono sorelle che stanno in buoni rapporti. E la potenza espressiva può essere enorme in entrambi i casi. (Nicola Pisu)
Provo da sempre una specie di timorosa reverenza nei confronti della poesia in quanto è sempre stata, per me, tra le forme artistiche più alte e complete. La poesia vera contiene in sé musica e bellezza ed è sempre rivoluzionaria. Trovo che il processo creativo che porta alla scrittura della poesia sia non così distante ma comunque diverso da quello che porta a scrivere un testo di una canzone. Sono molto pochi i cantautori che riescono ad essere poeti. E sono quasi inesistenti i poeti che sanno essere cantautori. (Patrizia Laquidara)
De Mille diceva che il cinema è la nuova letteratura. Personalmente ho trovato la poesia nei film di Pasolini, di Sorrentino, della Wertmüller. Lo stesso vale per molte canzoni. La poesia e il cantautorato hanno molto in comune: c’è una metrica, la ricerca del suono delle parole, uno sfogo, un sospiro e un mondo intero in una manciata di frasi. Le emozioni che suscitano canzoni e poesie possono essere identiche, la forma è diversa. Forse la mia poesia preferita (“Il Canto dell’amore” di J. Alfred Prufrock” di T.S. Eliot) non sarebbe per me così bella se fosse una canzone, così come “Verranno a chiederti del nostro amore” di De André: è una poesia in musica perfetta e sarebbe un peccato se fosse senza melodia. La poesia, come l’arte, non è ovunque; ci sono canzoni belle e canzoni brutte, lo stesso vale per le poesie. Per non citare solo artisti del passato, faccio il nome di Vasco Brondi, Ultimo, Brunori: ho trovato della poesia in molti loro brani ma loro sono cantautori ed è questo il bello. Dunque, si può trovare la poesia ovunque ma non si può mettere la poesia ovunque. Il cantautore non sempre è il nuovo poeta. (Romina Falconi)
A mio parere, l’attenzione dovrebbe dirigersi sul dato testuale del permanere di una certa ambiguità/duplicità semantica di termini quali canto, canzone, lirica, che sembra esaltare la contiguità intrinseca di componimento poetico e canzone d’autore.Al di là delle innegabili differenze, mi sembra significativo come, nell’epoca dell’implosione dei codici narrativi, la presenza inattesa di un certo ritmo spirituale si ponga come motore della composizione poetica e della canzone; per eccellenza arti libere nell’obbedienza ad una musicalità che vive, alchemicamente, nell’istinto di chi crea.