“Quattro” è il titolo dell’album degli Ismael, band emiliana che ha registrato il proprio nuovo lavoro per il marchio Macramè dischi. Dodici tracce di rock leggero con qualche sorpresa, ma senza troppe emozioni e dal punto di vista prettamente musicale, soluzioni che appaiono frequentemente scontate.
S’inizia con “E dove andrai, Luchino?”, tratto umano ben narrato con un testo che “arriva” e discreti arrangiamenti. “Canzone del melo” propone un bel giro di chitarra che sostiene in parte una linea melodica non troppo convincente costruita intorno ad un testo un po’ naif. “E’ tutta una morte” decolla (poco) con un’intro già sentita soccorsa da un brano ben ritmato, ma che suscita qualche perplessità. “Il nocciolo della questione” lo potremmo definire un brano macabro/rock, stancamente ripetitivo che a metà strada vede inserirsi accordi che paiono destinati ad un’altra canzone, tanto che la seconda parte di questo brano è interamente strumentale con una bella chiusura di sax. La “Canzone delle gazze” lo potremmo definire un brano mediamente interessante in cui però viene a mancare la fruibilità, nonostante la curiosità che desta il testo. E si procede con “Quante case spente”, brano un po’ difficile, che musicalmente ha il cupo andamento di quei vecchi documentari sui lager; paradossalmente l’insieme può però piacere per questa sua abissale tristezza che ci riporta vagamente al brano sanremese di qualche anno fa di Tricarico intitolato “Vita tranquilla”. Si procede in allegria con “Canzone della vedova”, che in realtà, ad onta del titolo, si presenta con un ritmo molto sostenuto, ma senza significativi passaggi ed anzi, con qualche “oscuramento” della voce a causa di una strumentazione qui insolitamente invasiva. “Canzone dello specchio” ha una linea melodica scarsa e nell’insieme è una canzone rinunciabilissima. “Canzone dei salici” comincia a farci sentire come un po’ troppo ricorrenti certi accordi di chitarra o comunque certe strutture strumentale di questio album. Fortunatamente a fare risalire l’attenzione è “Emilia”, un canto popolare affidato alla voce possente e non sempre intonatissima di Marco Pozzi. Discreto ”La gente che vive” anche se poco aggiunge al progetto che si chiude con “Barbaj”, brano in dialetto che pare un po’ forzato in questo contesto. Nell’insieme questo “Quattro” si colloca al di sotto del sei, cioè sotto alla sufficienza, nonostante qualche buona sensazione ricavata dall’ascolto di questi brani ed alcuni buoni frangenti anche nei testi, tutti scritti da Sandro Campani, che è anche la voce del gruppo oltre che il compositore delle musiche, eccezion fatta per il brano “E’ tutta una morte” liberamente tratto da due poesie di Giorgio Casali. Come rcentemente già scritto a proposito di un altro lavoro recentemente recensito, forse poteva bastare un ep per dare una dimensione più agile a questo lavoro.