La prima fatica discografica di Aléxein Mégas (alias Antonio Alessandro Pinto, musicista dell’area di Salerno) “The white bird” si propone come una sorta di concept album, la narrazione di un’autoaffrancamento dai vincoli e dai limiti della vita attuale, dai suoi obblighi e dalle aspettative di una società oppressiva che ci vuole obbedienti ingranaggi di un meccanismo gelido, dal quale sentimenti, arte e creatività sono visti come superflui e privi di scopo.
Per comporre questo “quadro”, l’autore usa con notevole maestria ed originalità strumenti e colori diversi, mescolando differenti stili ed ispirazioni sotto l’ampio cappello dell’elettronica. Tra un brano ed il successivo cambiano ambientazioni ed atmosfere, in un mix che, volendolo, si potrebbe definire un ambient pop con interessanti contributi quasi “cinematici”. Un lavoro che si pone tra l’allusivo e l’apertamente descrittivo, caratteristica che può costituire la sua forza, ma anche la sua debolezza. Che sta nel suo essere tanto illustrativo da poter portare la mente dell’ascoltatore su percorsi imprevisti e persino indesiderati… verso immagini e fantasie del tutto proprie, fuori dal discorso previsto dal lavoro. Difficile rimanere sul messaggio originario e costringere la mente a seguirlo, senza volar via sulle proprie personali percezioni tra le note suadenti di “I am a shadow”, seguendo il ritmo vagamente caraibico di “Midnight lullaby”, o quasi epiche di “Vector space”. E così via, di pezzo in pezzo, le immagini che la musica suggerisce possono deviare anche notevolmente dal messaggio voluto. Persino il brano che dà il titolo all’album, e del quale è stato creato il video che pubblichiamo “The white bird”, col suo incipit quasi marziale e gli inserimenti di tromba può suggerire scenari e sensazioni del tutto diversi da quellei che poi l’autore propone col video stesso, per esempio. Un’opera comunque davvero interessante, davvero personale ed immaginifica. L’esordio di un artista il cui percorso varrà la pena di seguire con attenzione.