Utilizzando un linguaggio volutamente criptico, denso di accostamenti verbali obliqui, volutamente originali e non convenzionali, vengono espresse emozioni e narrate situazioni che restano però così sempre nel limbo dell’inespresso, del vago, oniriche e crepuscolari e solo parzialmente, o soggettivamente, interpretabili. Un lavoro di forte emotività, ma certamente di non semplice fruizione, volutamente “difficile”. Una sorta di dadaismo poetico, che accosta parole che paiono avere poco senso reale, per suscitare una risposta interiore (“Musa sorride ancora, a queste mani di diavolo spento, musa non dice grazie, per averti pagato il resto. Musa, Musa”) Spesso un senso di angoscia e spaesamento coglie l’ascoltatore, con brani che frequentemente sfruttano l’impatto straniante della ripetizione verbale per creare questo tipo di smarrimento, come in “Entra” o “John Doe”. Insomma una creazione elaborata, di non semplice fruizione, certamente originale ma di difficile assimilazione. Consigliata ai culturi della poesia, ed agli amanti del genere new-vawe più crepuscolare.