Elton John, nel corso di una recente intervista radiofonica, si è scagliato contro i talent show musicali affermando che producono delle “nullità”. Il cantante inglese ha criticato il programma “The Voice”, ideato in Olanda, che va in onda sulla Bbc e che ha anche una versione negli Stati Uniti e in Italia. «Alla fine The Voice è solo un modo che usano i giudici per mettersi in evidenza», ha detto il musicista, ed ha sottolineato che nessuno dei concorrenti, sia in Inghilterra, sia negli Stati Uniti,, ha visto le proprie canzoni scalare le classifiche. Segnatamente, la vincitrice britannica dell’anno scorso, Leanne Mitchell, avrebbe registrato un clamoroso flop con il suo album di debutto, che non è andato oltre il 134° posto delle hit discografiche.
Non c’era bisogno di Elton John per comprendere quale crudele fiera dei sogni siano i talent. Certo, la sua presa di posizione, data l’autorevolezza dell’artista, dovrebbe ora contribuire a qualche riflessione in più. Ma senza andare a cercare figure effimere negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, limitiamoci a quanto da alcuni anni sta accadendo in Italia. La prima vincitrice di un talent show fu Giusy Ferreri, l’ex cassiera di Esselunga improvvisamente balzata al centro dell’attenzione ed indicata come una sorta di fenomeno in grado di stimolare paragoni talvolta anche imbarazzanti con altre grandi protagoniste della canzone italiana ed internazionale. Da oltre un anno Giusy Ferreri è praticamente sparita. Il suo ultimo cd, disperato tentativo di rimanere a galla, è venduto nei supermercati tra le rimanenze a 9,90 euro. Marco Carta e Valerio Spanu, rispettivamente nel 2009 e nel 2010, vinsero il Festival di Sanremo ove erano approdati quali vincitori di talent. Pochi mesi dopo più nessuno si ricordava di loro, a cominciare dalle televisioni e dagli organizzatori di serate. Attualmente di quei due non ne parla più nessuno ed è davvero difficile ipotizzare un loro ritorno. Miglior fortuna pare stia avendo Emma, soprattutto grazie al duetto sanremese con i Modà che nel 2011 le spianò la strada verso l’affermazione del 2012. Quindi non tanto in virtù della vittoria al talent quanto ad un percorso artistico decollato in contesti diversi. E con ogni probabilità Elton John ha ragione anche quando dice che i talent servono più a chi li conduce che a chi vi partecipa. Alla fine i veri protagonisti sono i Cocciante (che brutta impressione vederlo nei panni del giudice), i Morgan, le Simona Ventura e Raffaella Carrà, oltre all’immarcescibile Maria De Filippi. Tutti coinvolti in un gioco al massacro finanziato dall’uno o l’altra, major che mettono in campo risorse per tentare la promozione dei vincitori, o dentro o fuori. E se non va pazienza. A sfidarsi sono decine di ragazzi, spesso privi di consolidata esperienza, costruiti su misura per l’evento, talvolta spersonalizzati e con l’unico miraggio di un’affermazione per la quale sarebbero disposti ad ogni compromesso. Soltanto una di loro, pochi anni or sono, disse apertamente di non essere disposta a svendere le proprie convinzioni. Nathalie lo aveva dichiarato in lacrime nel corso di una drammatica intervista che chi segue questi ragazzi sa benissimo quanto possa esserle costata. E l’impressione oggi è che Nathalie, che è un’artista di grande raffinatezza ed altrettanta preparazione, sia fuori dai giochi. E questo è il prezzo che spesso viene pagato a discografici improvvisati, manager maestri di bilanci e di scaltrezza, che producono dischi come in precedenza avevano prodotto con successo copertoni o materassi a molle. Ma la musica è arte. E l’arte la fanno gli artisti.