I GIOVANI VALIDI? SONO DAVVERO TANTI. MA DOBBIAMO ACCORGERCI DI LORO

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Passate le festività pasquali, purtroppo non ancora gli effetti della pandemia, prosegue la nostra indagine sul tema “La musica è finita? Quale futuro per la musica?”. E questa volta a rispondere ai quesiti è Giordano Sangiorgi, fondatore ed anima del Mei (Meeting Etichette Indipendenti), il più importante punto d’incontro della musica indipendente italiana e, proprio perchè tale, un personaggio che ha il polso della situazione a 360 gradi, dal punto di vista degli artisti, del mondo della discgrafia, del pubblico ed anche del mondo politico al quale l’ambiente della musica e dello spettacolo guardano con attenzioni non sempre ricambiate.

La Musica in Italia – da un punto di vista strettamente creativo – è oggi in salute: c’è stata una rottura generazionale con l’avvento dell’It Pop e della Trap, che distaccandosi dalla generazione “indie rock” precedente – fatta soprattutto di band – trovano un proprio linguaggio di testi, messaggi, contenuti e musica. Un fatto questo paradigmatico per ogni cambiamento generazionale. Dopo il boom di questi generi, nuovi artisti stanno già emergendo, e hanno in molti dimostrato di essere capaci di costruire un nuovo percorso musicale oltre al mood di moda del momento. Siamo agli albori di una nuova generazione di artisti col potere di portare fuori dal web e dentro ai live (quando questi potranno tornare, speriamo il prima possibile grazie anche all’integrazione dello streaming) una nuova generazione di giovani e di giovanissimi che portano con sé nuovi suoni e temi, anche se spesso incomprensibili alla generazione degli adulti. Il pieno riconoscimento a livello nazionalpopolare del percorso indipendente alternativo, con un Festival di Sanremo 2021 – che grazie al coraggio di un insospettabile Amadeus – ha totalmente voltato pagina e aperto il suo palco alle nuove facce di una nuova generazione proveniente dal panorama dell’indie, in alcuni fortunati casi supportato dalle major, che finalmente raccolgono i frutti del duro lavoro di scouting fatto dalla filiera delle start up indie del Made in Italy Musicale. Un bel momento creativo dal punto di vista culturale e musicale, quasi incredibile visti i tempi bui in cui ci troviamo.
La realtà vera e più profonda, parlando a questo punto di mercato, è che la crescente globalizzazione del sistema musicale ha visto da tempo l’entrata in gioco di alcuni dei giganti dell’industria musicale. Moltissimi players multinazionali stanno dettando le loro regole ed è per questo che sostenere la giovane musica indipendente significa salvaguardare con energia il futuro del made in Italy culturale. La pandemia ha significato uno scossone molto forte per la delicata economia del sistema musicale e discografico ed ora ci ritroviamo con la necessità di risollevarlo il più velocemente possibile, senza lasciare mai indietro nessuno e senza dimenticare mai la tutela della dignità del lavoro per tutti gli operatori del settore. Che sono tanti, molti di più di quelli che possiamo immaginare. Vale la pena far mente locale che se nell’era dello streaming siamo abituati a pensare che gli introiti della musica arrivino solo dai live e dalle royalties, nella realtà – che è stata del live fino a prima della pandemia –   a fianco al mercato discografico in senso stretto la filiera della musica contempera anche altri settori produttivi: impossibile non menzionare quello dei video e del merchandising, per un valore complessivo che raddoppia se consideriamo l’indotto che comprende il comparto tecnico e quello turistico. E la filiera sono quindi musicisti, sì, ma anche piccole e medie imprese, cooperative (come lo è anche il MEI) che, in questo anno, ha perso un terzo degli introiti persi a causa di questo stop forzato. Senza contare l’esercito di freelance, partite iva ed agenzie promozionali. Il rischio per queste piccole realtà, è quello di essere assorbiti come marchi dalle major dei live, della discografia e della distribuzione digitale. E tutto questo non sarebbe certamente un vantaggio per la creatività giovane ed indipendente che sta nascendo e crescendo e che è nostro preciso compito tutelare.
Proprio per questa ragione, ora come non mai, serve una legge che si accompagni ad un sostegno pubblico esattamente come avviene per le altre arti. Attraverso un impegno del servizio pubblico radiotelevisivo Rai, dare spazio agli inediti e ai giovani esordienti attraverso la pluralità musicale, con tavoli di lavoro assieme alle grandi piattaforme on line ed ai grandi collector di diritti, per fare arrivare più risorse a chi realizza musica inedita, con una quota di accesso per i brani esordienti anche nel settore dei media privati. Infine, stimolare agevolazioni per la realizzazione dei festival e dei live che promuovono la buona nuova musica.
Come MEI abbiamo chiesto diverse cose, come ad esempio compensazioni per chi ha perso le prevendite e anche per chi ha organizzato eventi pubblici gratuiti annullati. Al momento i provvedimenti presi tutelano nella maggior parte gli autori della musica, ma il motore economico del settore è anche chi produce, promuove, gestisce i locali e organizza i festival. La mancanza di tutele per queste figure è un deficit solo parzialmente colmato, perché se è vero che le grandi macchine del settore sono state sostenute, le piccole realtà fatte di giovani emergenti, restano ancora nell’ombra. Se poi non si tutelano anche gli editori, un terzo delle realtà discografiche indipendenti chiuderà. E a chiudere i battenti non saranno i “pesci grossi”, ma quelle realtà che per anni hanno sostenuto gente come Diodato, permettendogli di arrivare a Sanremo e di vincerlo. In queste richieste siamo sostenuti da molti assessori alla Cultura delle grandi città italiane. Se fosse passata la proposta di legge sulla musica in Italia, che portiamo avanti da anni sulla scorta di simili normative in altri Paesi europei, oggi buona parte degli operatori della musica sarebbero tutelati e la situazione sarebbe molto meno grave, ma mentirei, se dicessi che mai abbiamo dovuto affrontare l’ostruzionismo delle grandi major. Il futuro del Made in Italy è nelle nostre mani, ma bisogna intervenire subito per sostenerlo altrimenti per la prossima primavera, il mercato musicale sarà completamente in mano a una dozzina di marchi multinazionali in tutto tra live, discografia e digitale, dove assisteremmo ad un monopolio globale, che ci lascerebbe con pochissime alternative – se non nulle. 
Il futuro lo possono costruire solo i musicisti, continuando a suonare e suonare, aggiornandosi ogni giorno come artisti e come professionisti del settore. Farsi conoscere attraverso step graduali dal vivo (o online)  partecipando a tutti i contest possibili gratuiti consoni al proprio genere e mettere on line solo i lavori migliori. Ma, prima di ogni cosa, è necessario credere fortemente in ciò che si fa ed avere una propria idea coerente tra ciò che si propone e ciò che si è legandolo molto alla ricerca di novità sonore e di messaggi. Un’abilità importante? Saper ammettere una sconfitta o un fallimento. Rivedere i propri sogni è sempre molto difficile, ma offre la possibilità di riscoprirsi, magari rinnovarsi per vedersi in vesti inattese, ma ancora più calzanti. 

 

Giordano Sangiorgi
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