I CHIAROSCURI DELL’EP DI CONELLI

Quattro tracce di musica elettronica con un titolo caratterizzato da un forte lirismo: “Di viaggio, di fiori e di altre spine”, è questo l’Ep di Giovanni Conelli difficilmente risolvibile con un unico ascolto.

S’inizia con “Le spine”, in un clima misterioso e profondo nel quale ci si addentra in punta di piedi finchè a rompere l’incantesimo è la voce di Conelli che al primo impatto appare inappropriata per la situazione musicale che si andava creando; la sensazione è che a tratti vorrebbe essere più voce narrante che recitante, rimanendo di fatto a metà strada. Il secondo brano, “Habibi” ha una bella intro ed una lentezza imponente, il cantato, anche in questo caso, desta qualche perplessità anche se la struttura d’insieme regge e conferisce alla canzone un che di interessante, anche con la voce femminile nella parte finale che evoca una penetrante follia. Il brano migliore è “Istanbul” in cui si rileva finalmente una voce più convincente, un bel testo nell’insistenza di una linea melodica che però “entra”. E si va a chiudere con “La pelle morta” che scivola nel troppo: troppi gli effetti, troppo roboanti, troppo imponenti rispetto al cantato che stenta a farsi largo e, senza un fraseggio musicale che in qualche modo sappia farsi ricordare. L’Ep è comunque nell’insieme interessante; la musica elettronica può regalare sensazioni di forte intensità emotiva, ma quando non riesce a farlo, rischia di rappresentare un fragoroso nulla. Rischio che in queste quattro tracce si intravvede in alcuni passaggi, ma il risultato complessivo merita un’ampia suffcienza.

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