GRETA CASERTA SFIORA LA PERFEZIONE E VA “OLTRE”. FORSE TROPPO

Sto leggendo e rileggendo la biografia di Greta Caserta che ha appena pubblicato il suo nuovo album intitolato “Oltre”.

Il suo è un percorso di instancabili studi che iniziano all’età di soli 12 anni quando si dedica al canto con il m.o Giovanni Guerini; nel 2002 inizia lo studio del pianoforte, nel 2003 ottiene la specializzazione in “vocalist” dopo avere frequentato un apposito corso al Conservatorio Donizzetti di Bergamo; nel 2006 avvia l’attività concertistica; quindi si laurea in Comunicazione all’Università di Bergamo. Il suo primo lavoro in studio è del 2008 allorquando esce il singolo “L’inesisto”; dal 2009 inizia ad esibirsi con svariati musicisti; nel 2014 si diploma in Musicoterapia con il massimo dei voti al Conservatorio di Verona; successivamente pubblica un album; seguono alcuni singoli finchè nel 2023 consegue il Diploma di 1° Livello in canto pop-rock al Politecnico delle Arti di Bergamo e pubblica un nuovo lavoro discografico con gli arrangiamenti di Claudio Wally Allifranchini. E finalmente si approda a questo nuovo album, “Oltre”, undici brani, alcuni in lingua inglese, arrangiati per quartetto d’archi, pianoforte e voce. Un percorso straordinario che ho voluto non sintetizzare troppo per dare corpo ad alcune riflessioni successive. Ma veniamo all’ascolto dei brani, con una premessa: al termine della lunga galoppata di note, mi sono ritrovato a formulare un giudizio complessivo secondo il quale non vi è una sola canzone che possa ritenersi, a parer mio, al di sotto della sufficienza (per usare un metro di misura scolastico, banale ma esaustivo). La voce di Greta è ricca di varie tonalità, limpida, intensa, sempre ben modulata, sempre assolutamente disinvolta e convincente; l’ensemble musicale che l’accompagna è pressochè impeccabile, mai sopra le righe ma discreto o deciso, a seconda di quanto il contesto richiede. Personalmente i brani che più mi hanno convinto sono “L’infinita guarigione” su tutti, poi “All”, poi “Ho visto te” ed “In the music” e, un po’ più sotto, “A metà”. Brani musicalmente ben strutturati, con buoni testi e ben interpretati. Ma c’è un però che mi induce ad una domanda, per altro non nuova: tutti questi studi con votazioni eccellenti, queste importanti collaborazioni, questa quasi esasperata ricerca della tecnica perfetta, siamo sicuri che alla fine non finiscano con il neutralizzare ciò che di più importante dovrebbe rivelare un artista, cioè la sua anima? E’ evidente che Greta è una bravissima cantautrice e che sa circondarsi di musicisti avvezzi a palcoscenici prestigiosi, tant’è che non a caso ho scritto che non uno solo di quegli undici brani potrei valutarlo al di sotto della sufficienza, cosa rara da riscontrare nell’ascolto di un album, per di più contenente undici brani. Ma devo anche dire che non uno di quegli undici brani ha suscitato in me qualche emozione; ho giudicato le canzoni e la loro più o meno agile fruizione, le esecuzioni, la coerenza dei testi e tutto mi è parso estremamente apprezzabile, ma le emozioni? quel senso di coinvolgimento che quando una canzone la “senti” ti prende e ti avvolge? l’anima di chi quelle cose le ha scritte e le interpreta? Ecco, a chiunque consiglierei l’ascolto di questo disco per coglierne gli aspetti squisitamente tecnici, ma dalle canzoni io mi aspetto altro, magari anche con qualche nota stonata.

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