E’ da pochissime settimane in circuitazione “Sono”, il nuovo progetto discografico di Giorgia Zangrossi, camtautrice torinese che ha scritto dieci delle (ahimè!) ben sedici tracce di questo lavoro al quale hanno partecipato anche Gigi Marras (che ha curato gli arrangiamenti), Paolo Capodacqua che le ha affidato la sua “I nidi degli uccelli” e Milena Agus.
Il mio “ahimè!” al cospetto delle sedici tracce va ricercato nel fatto che ho una personalissima convinzione: o sei un artista supercollaudato, uno dei pochissimi che riempiono gli stadi e passano in radio dieci volte al giorno, oppure un album di sedici tracce non lo progetti. Ed ascoltando le canzoni di Giorgia Zangrossi ho trovato un’ulteriore conferma a questa mia convinzione. Beninteso, Giorgia ha una voce gradevole e delicata, gli arrangiamenti sono assolutamente coerenti con la struttura vocale e la composizione dei brani, i testi che la cantautrice propone nelle sue canzoni sono decisamente di fascia alta, sono testi narranti, spesso intensi, introspettivi, ricercati nella scelta dei vocaboli, pur se condizionati dalla metrica, come lo è il testo di ogni canzone. E le sue sono storie che tratteggiano personaggi, vicende umane, emozioni profonde. Ancor più apprezzabile è dunque l’arrangiamento che non prevarica, che accompagna e decora restando sempre un po’ in disparte, discreto ma fortemente presente. Il fatto è che le canzoni di Giorgia inducono ad interpretazioni spesso monocorde che, prese singolarmente e grazie ai testi di cui dicevo poco sopra, mantengono viva e partecipe l’attenzione di chi ascolta, ma nell’insieme rischiano un pericoloso appiattimento che da un certo punto in poi induce alla distrazione, alla perdita di concentrazione e quindi, via via, ad una sempre più improbabile identificazione di brani che non entrano mai in contrasto di genere e quindi, ad un certo punto, sembrano non avere stacchi. Per sintetizzare il pensiero dunque, direi che Giorgia Zangrossi, con il materiale che ha avuto a disposizione, di album avrebbe potuto farne un paio ed entrambi di buonissimo livello artistico. Qui ci troviamo invece alle prese con “Canta ancora”, brano d’avvio che permette un’immediato apprezzamento della voce, nitida e senza esitazioni come lo rimarrà sino all’ultimo brano. O ascoltiamo con particolare attenzione “Giovani e santi” per via del bel testo e di una piacevole struttura musicale. Piace riascoltare poi la frase “…ho visto coi tuoi occhi cose he non voglio che tu veda…” nel brano “Nessuna cicatrice” che esprime una poeticità intensa. Molto gradevole e d’immediata fruibilità è la già citata “I nidi degli uccelli” di Capodacqua ed appare intrigante il tempo di valzer che scopro in “Questa sera” con la partecipazione di Gigi Marras. Vi sono poi brani che manifestano intenzioni testuali molto interessanti, come “Muri”, ma che faticano a decollare perchè prive di qiel battito d’ali in più; il discorso vale anche per “La voce” mentre più convincente appare “Un giorno lo farò”. Si chiude con “Sono”, brano che dà il titolo all’intero progetto e che musicalmente ha contorni diversi rispetto all’intera produzione e fors’anche per questo assume un diverso respiro. Insomma, non è un brutto lavoro, ma certamente con un po’ di sfoltiture avrebbe potuto risultare più immediato e quindi più fruibile e, soprattutto, più agile.