E’ di questi giorni la pubblicazione di “Nomea”, il nuovo album di Giorgia D’Artizio, un’artista della quale abbiamo già avuto modo di parlare in occasione della recente uscita di “Insolita allegria”, il singolo/video che ha fatto da apripista per questo progetto che si presenta come un lavoro molto pensato e vissuto, con la partecipazione di altre due voci oltre a quella di Giorgia ed un gruppo di musicisti che, come l’ascolto rivelerà, vanno ben oltre il concetto di semplice accompagnamento, divenendo a più riprese protagonisti virtuosi in qusto intreccio di jazz, folk e indie che si avvale anche della partecipazione di più autori.
“Nomea” non è un disco facile. Racconta del disagio esistenziale, della confusione, della desolazione e delle speranze alimentate in un contesto che è sostanzialmente quello del nostro pianeta ove, nonostante tutto, non abbiamo ancora imparato a vivere ed a comprendere. Si tratta dunque di un percorso emozionale, fatto principalmente di sensazioni che sollecitano la capacità intuitiva di chi ascolta. Le canzoni che ritengo più fruibili sono anche quelle che mettono in luce più di altre una linea melodica di quasi immediata percezione, l’ottima vocalità di Giorgia ed i talvolta sontuosi interventi strumentali di musicisti di notevole spessore. Parlo quindi di “Insolita allegria”, o di “Terra Madre (intro)” o di “Chi non c’è non sa” o, ancora, di “Terra Madre (outro)”; poi le cose si complicano con “L’umile perso” e diventano quasi intelleggibili nel miscuglio di suoni e voci di “Stramba” 1,2,3 e 4. In quel contesto, mi viene da pensare che questo disco abbia una dimensione musicale, ma potrebbe averla anche teatrale poichè la narrazione di determinte situazioni se rappresentata su di un palcoscenico sono certo che riuscirebbe a trasmettere con maggiore vigore e coerenza ciò che il solo ascolto affronta con un po’ di smarrimento. Aggiungo una nota che riguarda comunque l’espressione artistica come tale e quindi non solo circoscritta al momento musicale: gli uffici stampa che si premurano di segnalare il lavoro degli artisti che affidano loro la promozione dei loro lavori, illustrano con dovizia di particolari le intenzioni degli artisti stessi e quindi, in qualche modo, agevolano il nostro compito. Il comune ascoltatore però, non dispone di questi supporti e quindi per questa ragione personalmente sono convinto della necessità di una fruibilità immediata o quasi, che non significa banalizzare ciò che si va proponendo. Si tratta comunque di un lavoro interessante che mette in campo risorse eccellenti e che non lascia nulla all’improvvisazione o al caso. Dire “originale” è dir poco, direi che va oltre l’originalità e probabilmente, alla fine, questo è il suo vero limite.