Che bello questo album di Eloisa Atti, “Edges”, di recente pubblicazione! Dodici tracce per una grande voce, un progetto musicale eccellente, musicisti di primissimo piano ed arrangiamenti di una puntualità che con l’andar dei brani si fa via via prevedibile e proprio per questo più coinvolgente.
Il cd si apre con “Each Man Is God”, una ballata che mette immediatamente in risalto la splendida voce di Eloisa ed un bel suono di madolino. In “Moony” la voce si fa più carezzevole, assecondata da un accompagnamento semplice che concede però gli spazi per un delicato dialogo tra chitarra e pianoforte che ci accompagna sino alla chiusura del brano. “Blue Eyes Blue” ci riporta in modo piuttosto deciso alle musicalità americane degli anni ’50, molto versatile la voce di Eloisa, strumentalmente impeccabile, forse la traccia migliore dell’album. “Edges” dà il titolo al progetto, assume toni più austeri, l’arrangiamento dà profondità. “The Rest of Me” ci proietta in una dimensione jazz molto immediata, con spunti di chitarra, pianoforte e basso assolutamente gradevoli e mai eccessivi, mentre la batteria “assiste” sapientemente questo ensemble. Con “The Careless Song” ci inoltriamo in una dimensione meno immediata, l’arrangiamento è sontuoso e ci accompagna verso una sorta di crescendo finale nel quale immergerci. Sempre bellissima e piena di colori la voce di Eloisa in “Sleepy Nam” mentre un mandolino asseconda sprazzi di note rilasciate dall’inconfondibile organo hammond. E diviene invece sensuale la voce in “Without You” che incontra una chitarra delicata ed un pianoforte più incisivo; ma è “Cry Cry Cry” a rivelarci la dimensione più country di Eloisa e di chi l’accompagna in questo percorso, senza tralasciare un emozionante giro di note dell’hammond e quello della chitarra acustica che imprime maggiormente atmosfere old America. “Love Signs” piace per l’eleganza della struttura musicale mentre “Hanry’s Song” ci ripropone, semmai l’avessimo dimenticato, un gradevolissimo esercizio vocale dell’interprete su di una linea melodica tutto sommato piuttosto piana,ma ben “vestita” da un arrangiamento puntuale. E si va a chiudere con “Lullaby To Mi Self”, chitarra e voce godibilissime, ma a quel punto più nulla ci sorprende. E’ un album che vola via lasciando il desiderio di un riascolto e probabilmente non di uno soltanto. E proprio in questo sta l’indice più attendibile di un progetto riuscito e della scoperta di una voce e dei musiciti che meglio assortiti non avrebbero potuto essere.