DIVENTO AL SUO PRIMO ALBUM CON “FACCIA AL VENTO”

“Faccia al vento” è il titolo dell’album d’esordio di Divento, cantautore sulla cui vera identità non è dato sapere nulla, come del resto sulla sua provenienza. Ci si ritrova dunque al cospetto di queste tredici tracce (come al solito, troppe, ne sarebbero bastate una decina) dovendo contare solo su ciò che si ascolta intuendo che l’artista, più che delle sue eventuali esperienze già vissute, preferisce proiettarsi verso quelle che ancora deve vivere e un album tutto nuovo è certamente un’esperienza esaltante.

Innanzitutto, sin dal primo brano, si ha comunque la sensazione di avere a che fare con un personaggio che, non essendo di primo pelo, di musica ne deve avere masticata ed un certo mestiere traspare, forse ancor più nella dimensione strumentale che non in quella vocale. Siamo al cospetto di canzoni di taglio cantautorale vero, cioè di quel modo di pensare ad una canzone come ad un racconto che parte spesso da una sensazione o da un’emozione intorno alla quale si sviluppano stati d’animo e storie. A tratti compare nelle interpretazioni di Divento un po’ di Vasco e questo può essere un limite poichè, trattandosi talvolta di brani che pur con una buona linea melodica in alcuni frangenti risentono di una certa ripetitività, non possono contare sul carisma del rocker di Zocca e quindi rischiano il tedio. Ma si tratta solo di momenti, in realtà di buone cose in questo disco ve ne sono: personalmente trovo il meglio in “Gli occhi di C.”, “Faccia al vento” che dà il titolo all’intero progetto, “Mi dirai” in entrambe le versioni, la prima più acustica e confidenziale, la seconda musicalmente più completa e “Io amo” che chiude la lunga galoppata con un pezzo quasi parlato, apparentemente poco musicale ma che la sua musicalità la trova nel testo. In questi brani troviamo anche due partecipazioni femminili, quella di Adrielle in “Faccia al vento” e quella di Elisa Alloro in “Io amo” ed in entrambi i casi si tratta di inserimenti azzeccati che ingentiliscono le canzoni e contribuiscono a creare atmosfere più coinvolgenti. Vi sono almeno tre brani rinunciabilissimi ed anche per questo ritengo che una decina di pezzi sarebbero stati sufficientemente esaustivi, ma si tratta di peccati veniali poichè nel contesto di un intero album qualche calo di tensione è fisiologico. Complessivamente dunque credo si tratti di un lavoro che merita di essere ascoltato, probabilmente non contiene la canzone del secolo, ma è un disco realizzato con professionalità, ma anche con sensibilità e tanto basta per renderlo interessante.

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