Per scelta editoriale in genere evito di recensire in questa sede lavori di coloro che hanno un percorso professionale consolidato. Preferisco occuparmi di chi si sta affacciando sui panorami della musica e che quindi, più intuibilmente, necessita di conferme o anche, perchè no, di quel necessario spirito critico che aiuta a comprendere meglio in quale direzione andare. Questo album di Diana Tejera fa però un po’ eccezione in questo contesto, per almeno due buone ragioni.
La prima è che delle undici tracce contenute in questo lavoro, pur con tutti gli alti e bassi che la realizzazione di un album comporta, non ho trovato in nessun pezzo elementi tali da poterne motivare una reale negatività; la seconda è che questo lavoro celebra i 20 anni di carriera di questa artista iche iniziò niente meno che al festival di Sanremo del 2002 con i Plastico proseguendo poi con la partecipazione a svariate altre rassegne e collaborazioni intense. Diana Tejera (il cui nome completo è Diana Azzurra Tejra Nenna) è nata a Roma da padre andaluso e madre italiana, è una cantautrice, polistrumentista e produttrice che in questo album, intitolato “Libre”, ci ha messo tanta parte di quella maturità artistica che forse è il primo elemento che sta alla base della riuscita di questo lavoro. Beninteso, non sto parlando di un capolavoro e neppure immagino quanti potenziali “capolavori” in ambito musicale ci possa regalare quest’epoca un po’ arida dal punto di vista creativo e così spesso omologata. Però, il progetto di Diana funziona fors’anche grazie alle collaborazioni che la cantautrice ha scelto (da Barbara Eramo a Bea Sanjust, da Lamine sino ai musicisti che hanno portato un contributo di professionalità forte). La sua è una voce che evoca dolcezza, austerità, determinazione e passione e tutte queste tonalità sono ben espresse nella diversità dei brani che Diana interpreta cantando in spagnolo, inglese e francese. Personalmente ne scelgo due su tutti: “Aùn” e “True lady”, sono quelli che più volenteri ho riascoltato (“Aùn” poi si avvale di un video bellissimo), ma come scrivevo poco sopra, anche tutti gli altri nove brani presentano momenti di piacevolezza e se talvolta sono meno interessanti non è per dei cedimenti nella loro esecuzione, ma semplicemente perchè, dal punto di vista compositivo (linea melodica, arrangiamenti ecc.) “arrivano” meno. E’ vero altresì che non vi sono picchi in ascesa di particolare intensità (forse li sfiora solo “Aùn”), ma è altrettanto vero che ci si imbatte in alcune interpretazioni molto raffinate che definiscono eloquentemente la qualità complessiva di questo disco. Credo che difficilmente Diana Tejera avrebbe potuto celebrare meglio i 20 anni della sua carriera.