COSì BONAFFINI DISPIEGA “IL PARACADUTE DI TACCOLA”

“Il paracadute di Taccola” è il titolo del nuovo album di Luca Bonaffini, cantautore di lungo corso che non ha mai perso il piacere di desrivere personaggi, siuazioni ed emozioni dopo essere passato attraverso esperienze artistiche e collaborazioni prestigiose.  Quattordici tracce (a mio avviso troppe, anche se si è Bonaffini) con un denominatore comune che ritengo d’importanza fondamentale per chi pratica o si accosta alla canzone d’autore: la capacità narrante.

Quelle di Bonaffini, come quelle dei cantautori veri, sono storie raccontate; storie che parlano di personaggi e ne tratteggiano le caratteristiche, parlano di sentimenti e ne colgono l’essenza, parlano di luoghi e li sanno dipingere. L’album si apre con “Il futuro ero” e sin dalle prime batture si respira aria di cantautorato vero, senza filtri e senza inganni; il brano ha una struttura tradizionale e una buona linea melodica  che “arriva”. “Il cosmonauta” tratteggia un personaggio che abbandona la propria dimensione per vivere il proprio sogno cosmico e lo fa intuire a cbi ascolta. “Il pensatore stanco” è il primo dei quattro brani che Bonaffini scrive in collaborazione con Roberto Padovan ed anche in questo contesto, emerge poco a poco il tratto di un personaggio ben definito, musicalmente piacevole con arie vagamente jazz. Ed interessante è anche “L’imperatrice d’Iranda” che è una sorta di fiaba che mette in fila una serie di personaggi accomunati dalla stessa sorte: quella di ricomparire a cavallo di un delfino; buono l’arrangiamento con qualche aria irlandese. Ed anche “Omero” è una canzone ottimamente concepita, pur nell sua semplicità, che alla fine la farà comunque risultare come una delle cose migliori dell’album. “Sir George” mette invece in luce, in modo più o meno percettibile, il mestiere di Bonaffini che soccorre un brano non proprio convincente, con qualche affanno nella metrica, musicalmente non male. “Quella dolcezza che ha cambiato il mondo” è un brano delicato con una linea melodica piacevole che scivola via gradevolmente. “Quando l’amore si faceva in bianco e nero” è una canzone che “arriva” subito, delicata nella parte narrativa e musicalmente superba, grazie ad ottimi arrangiamenti e ad un ritornello che rimane. Brano rinunciabile sembra essere invece “Bella ieri” che se ne va senza lasciare traccia di sè ed anche “L’ombra” non sembra indimenticabile. Altra cosa è invece “La perla bianca”, una canzone dalla trama piacevole e malinconica, musicalmente molto dinamica ed accattivante nel tratteggio di un rammarico d’amore. Buon andamento anche con “Pizza Margherita” che ha un ottimo ritornello ed alcuni richiami di chitarra elettrica vagamente vintage. E si va verso la chiusura dell’album con “La vera età”, poco convincente nonostante un testo emotivamente interessante. Chiude “Clessidre”, brano tranquillo, forse non proprio il top per un chiusura di un album piuttosto impegntivo. Come dicevo in apertura, quattordici tracce sono troppe ed inevitabilmente traspare qualche cedimento, ma Luca Bonaffini è un cantautore di classe che non ha mai perso lo smalto e che anche in questo album riesce a porre in risalto ottime intuizioni ed a regalarci alcune buonissime canzoni, ciascuna delle quali rivela una storia in cui ci si trova immersi, come dovrebbe sempre accadere qundo si parla di canzone d’autore.

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