Su alcune certezze si può far subito affidamento apprestandosi all’ascolto di un lavoro di Ottodix, band capeggiata dall’omonimo autore ed interprete (al secolo Alessandro Zannier): testi composti con metrica magistrale e decisamente personale. Contenuti di peso e citazioni che vanno dallo scientifico al letterario, dallo storico al cinematografico. Spunti di riflessione, fitti, numerosi e rigorosamente “sul pezzo”, legati all’attualità. Ed una base musicale anch’essa molto caratterizzata e riconoscibile, anche se vi si possono percepire antiche o recenti influenze raccolte nel tempo. Elettronica la struttura, culturale lo svolgimento, intrigante l’ascolto.
Questo ultimo lavoro, “Entanglement”, non fa eccezione, e questa volta il tema s’impernia sull’interconnessione che tutto lega e collega, nello spazio e nel tempo, lungo tutto il pianeta: cose e persone, accadimenti e progetti, passato, presente e futuro. Introdotti ed inframmezzati da cinque intermezzi strumentali dall’atmosfera rarefatta, quasi visionaria, i testi dei brani ci trascinano invece, e quasi ci forzano, ad osservare con occhio critico vicende e storture del mondo attuale, nonché ipotesi o timori delle possibili prossime evoluzioni. Si parte da “Europhonia”, uno sguardo provocatorio sulla complessa interazione tra popoli nell’attuale continente europeo, tra speranze e delusioni. Sui lunghi e difficili rapporti di amore-odio tra la cultura occidentale e quella mediorientale è invece imperniata “Mesopotamia”. La Cina tra suggestioni antiche e sconcertanti sviluppi iper-moderni è descritta in “Gengis Khan”. “Pacific trash vortex” (primo singolo della raccolta) paragona l’ormai tristemente nota mega-isola di rifiuti plastici che galleggia nell’Oceano Pacifico, alla continua discarica di opinioni isteriche e notizie fasulle provenienti da ogni dove, che intasano il web e i nostri cervelli. Le radici della contraddittoria – e spesso per noi sconcertante – cultura americana viene osservata in “Columbus Day”, mentre è più suadente, riflessivo e quasi speranzoso “Isole remote” (“Noi siamo isole di un arcipelago e gli arcipelaghi sono solo punte di montagne, e le montagne formano catene nei fondali e i fondali si uniranno, le catene ci uniranno, le distanze ci uniranno”). “Africa by night” è quasi un escursus genetico-storico, ancora una volta alla ricerca di ciò che unisce l’umanità tutta sin dai primordi, nonostante gli allarmanti sviluppi odierni. Anche in “Maori” si percepisce la speranza di un riscatto culturale e morale dalle ingiustizie imposte dall’attitudine predatoria della civiltà occidentale e ormai globale. L’ultimo brano “Entanglement” chiosa e rafforza il concetto portante di tutto il lavoro: l’interconnessione che, ci piaccia o meno, esiste e ci ingloba (“…e se volevi separare il mondo, hai perduto già perché siamo – fummo – saremo un’entità…”). Così si conclude un altro viaggio musicale. Un viaggio non sempre agevole, senz’altro non disimpegnato, ma che lascia forti impressioni musicali e lunghi strascichi di riflessione. Consigliato.