Gli Otium sono un duo romano un po’ sui generis che amano definire le loro canzoni “Musica libera, perfino dal bisogno di definirsi”. Ed è una definizione che calza a pennello per “Nessun negoziato”, un debutto di difficile classificazione e che non risulta di facile ascolto e che deve far i conti anche con una notevole durata. Un azzardo quando si tratta di un debutto.
Una scelta non casuale probabilmente il titolo dell’album: è sicuramente un album libero da schemi e non fa riferimento a generi musicali particolari. Azzarderei quasi la definizione di “disco improvvisato”. Con uno stile non stile, Gli Otium, spaziano dunque attualità, il vivere quotidiano ed emozioni attraverso un linguaggio semi serio. E così in “Musica nel traffico” c’è l’insofferenza di un automobilista che trova la sua evasione nella musica; c’è la religione – trattata con la dovuta leggerezza – in “Ciao sono quel Dio” e “Papa Francesco” per proseguire con temi politici in “Il dittatore asiatico” e “Il candidato”. Più scanzonate “Fighetta” e “Sofia” e “Buone feste”. L’assoluta libertà con cui è stato concepito questo album è un’arma a doppio taglio. Li premia sicuramente per audacia nel non essersi omologarti ai cliché musicali, ma li penalizza in quanto è un album privo di una linea guida. Come dicevano i latini, in medio stat virtus.