C’è da augurarsi che i ragazzi della band campana Tenue siano consapevoli di avere realizzato con “Filtro” un album difficile. Difficile per molte ragioni. Il genere al quale il gruppo si rifà è l’emo gaze, vale a dire un qualcosa che sfocia frequentemente nel rock, a tratti tenta una dimensione cantautorale, negli intenti vorrebbe disegnare il senso del disagio, dell’ansia, dell’incertezza e della maliconia, ma il percorso è tutto in salita ed in realtà, nessuno degli undici brani contenuti nel cd decolla mai davvero.
La percezione di quello che sarà l’ascolto la si ha sin dalla prima traccia, “Tenue”, come il nome della band ed in fondo anche come apparirà, alla fine, l’intero progetto. S’intuisce un testo con delle buone intenzioni, ma nella realtà, la musica avvolge e divora tutto. Parrebbe meglio il brano successivo, “Annegare”, ma poi anche i qui i toni si fanno sovrastanti, i suoni non hanno la nitidezza che li renderebbe più accettabili e questo accadrà anche in buona parte dei brani successivi. “Terza persona” lascia intuire per un poco i contorni del racconto di una crisi identitaria, ma poi tutto si perde. In “Contatto”, come ho avuto modo di scrivere recentemente parlando di un’altra band, la sensazione più forte è che il percorso narrativo nei suoi contenuti non sia una priorità, tanto che viene piegato alle esigenze della musica e non viceversa. Continua per altro, a mano a mano che l’ascolto procede, a farsi più nitida anche la convinzione di trovarsi al cospetto di un prodotto difficilmente fruibile e la conferma arriva con “Lieve”, un brano sul quale ad un certo punto sembra innestarsene un altro, il che sconcerta. “Quella foto” ci regala nella prima parte un testo percepibile ed anche una buona miscela musicale, ben arrangiata, finchè non esplode nella seconda parte un qualcosa che è difficile coniugare con la prima parte della canzone. E si procede via via con i restanti brani nei quali sono individuabili, poco o tanto, le caratteristiche, ma anche i limiti, di quanto già ascoltato. Si arriva a pensare che “Solco” potrebbe essere un brano interessante fosse solo srumentale, perchè in effetti c’è del buono in quel pezzo. E forse non a caso il brano migliore dell’album è quello contenuto nell’ultima traccia, “Derealizzazione”, che negli intenti della band dovrebbe essere una sorta di compendio degli stati d’animo che hanno percorso tutte le altre canzoni. In realtà è un brano solo strumetale piacevolissimo che forse dovrebbe indurre i Tenue a riflettere sull’ipotesi di qualche cambio di rotta. Per ora si può solo dire che “Filtro”, oltre che un disco difficile, è anche un disco dal quale è arduo fare emergere qualche elemento che possa indurre ad un ruascolto (eccezion fatta per l’ultima traccia). La scarsissima fruibilità deve essere intesa come la mancanza di quegli elementi che in qulche modo possano rimanere nella mente. Non è che per essere fruibili sia necessario cantare “Il pulcino Pio”, ma occorerebbe, quella si, una diversa caratterizzazione e fors’anche un poco di scaltrezza, quanto meno per miscelare un lavoro di ricerca più ponderato, con un ritornello, un assolo di un qualche strumento, una semplice ballata, qualcosa che possa rimanere come una traccia che renda la memoria di questo progetto. Un progetto che, per altro, anche in dimensione live, necessita di una certa tipologia di pubblico. L’album è uscito per l’etichetta V4V Records.