C’E’ DEL BUONO IN QUESTA SINDROME

C’è indubbiamente del buono nell’album “La Sindrome di Kessler” che reca la denominazione della band formata da Antonio Buomprisco, Canio Giordano e Luca Mucciolo. Innanzitutto una cifra musicale riconoscibile ed una discreta originalità, che di questi tempi già rappresentano ben più di una nota positiva. Poi, sulle dieci tracce proposte, almeno la metà supera la sufficienza, con un paio di iperboli assolutamente notevoli. Ed anche questo è un dato piuttosto rilevante. Ma ci sono, indiscutibilmente, anche alcune zone d’ombra.

 

Il cd apre con “Fanfarlo”, un brano che paradossalmente contrappone l’incontro tra una linea melodica decisamente interessante ed un rock forzato e di maniera che ne interrompe la magia. In “Parabola di un desiderio” la definizione musicale del gruppo emerge in maniera più nitida anhe se il brano, che ha un testo interessante, risulta dopo un po’ strascicato più del lecito. In “Spiraglio” si ravvisa un difetto diffusissimo tra le rock band di questa generazione: non si capisce una sola parola del cantato, pur apprezzando alcuni scampoli muaicali non deprecabili. “Le direzioni” è senza dubbio il pezzo più riuscito dell’intero album, bello il testo, belli gli arrangiamenti (notevole il violoncello di Murat Kanca), bella la canzone nella sua costruzione che ricorda a tratti il miglior Tricarico. A seguire, un altro brano molto interessante, “Condizione immune”; anche qui buono il testo e gli arrangiamenti che a tratti richiamano arie arabeggianti prestate ad un rock non troppo oppressivo. “La determinazione delle nuvole” è un brano solo musicale che merita però un discorso a sé: in questa traccia di poco più di due minuti, si legge però la potenzialità di questo gruppo, che potrebbe certamente pensare con buone probabilità di realizzare un buon lavoro ad un album solo musicale. La materia prima sembra esserci tutta. “Sinuose alterazioni”, che invece di minuti ne dura oltre sei, fa rimpiangere  lo spazio “rubato” al brano precedente e la stessa sensazione permane dall’ascolto di “In attesa”, altro brano in cui il cantato (e quindi il testo) è soverchiato dai volumi della musica troppo generosi. Nulla di nuovo neppure sul fronte di “Pensieri cercati”, canzone per altro bruttina per approdare infine a “New day”, brano che fa risalire l’interesse di chi ascolta andando a collocarsi a fianco del meglio di questo progetto. Non si comprende la ragione di una traccia della durata di oltre 13 minuti, che però dal minuto 5 al minuto 11 offre sei interminabuili minuti di assoluto silenzio per poi riprendere con un certo fragore un filo che si è ormai perso. Soprattutto perchè a quel punto tutti avranno già risposto il cd nella sua custodia.

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