Con l’album dall’eloquente titolo “Scopare” realizzato dal collettivo Canzoni per (lo “Scopare” del titolo pare una logica chiusura del cerchio) ci troviamo al cospetto di un record credo senza eguali in ambito musicale: dieci tracce per poco più di 16 minuti di musica, vale a dire una media di poco più di un menuto e mezzo per brano. Sorprendente. Ma poichè ciò he conta non è il minutaggio bensì l’ascolto, eccomi pronto ad avviare la prima traccia, di soli 58 secondi.
S’intitola “Renato” e si rivela una tranquilla cantilena alla quale non si fa in tempo ad abituarsi. “7 ore di techno” è una canzoncina che arriva facilmente e lascia il tempo di cogliere la percezione di un buon arrangiamento. “Nel vento d’ottobre” si coglie invece una voce meglio impostata, ma si fa largo l’idea un po’ scontata che qui, più che di canzoni, si deve parlare di sensazioni colte al volo e buttate lì. “Donnie Darko” sorprende con un arrangiamento di ottima levatura (violoncello e pianoforte in risalto) che fa da importante sostegno ad una cantilena un po’ strascicata. “La classica fica indie”, altra canzone spot con spunti musicalmente interessanti. “Canzoni per scopare” più che un titolo è un approdo che mi aspettavo sin dall’inizio, racchiude in un solo minuto uno stato d’animo e nulla più (“manco i criceti” direbbela Littizzetto). “Anche in un posto triste” è un’altra tiritera un po’ depressiva, ma che mi rassicura laddove mi dice che “…ci sappiamo divertire anche in un posto triste…”. E siamo ad “Acquaticcio”, esempio di una non canzone, non cantata, segnata da un linguaggio colorito che fa ggggiovane ed anche qui prendiamo atto di quello che dovrebbe essere un contesto sperimentale del nuovo cantautorato pop. “Molisana” è un titolo he fa immediatamente pensare alla pasta ed infatti eccoci subito: “…La pasta è incollata/tu te ne sei andata/ ne ho fatta un’altra/ poi l’ho vomitata…” (nuovo cantautorato pop????) con un po’ di “lallalallala…” sparsi, un andamento ancora una volta stanco però lei dovrebbe “…rimanere in città per iniziare qualcosa che sia per tutta la vita….”. Auguri! E si va a chiudere con “Sui tetti” che somiglia ad alcune delle altre canzoni che ho appena ascoltato e, anche qui, il tempo di uno spot (1’02”). Dunque, che dire. La sperimentazione musicale ha attraversato epoche intere, quindi non sorprende che ci si voglia cimentare con il paradosso. Tra l’altro, qui ci imbattiamo anche in alcuni arrangiamenti che sono davvero interessanti, ma che appartengono ad una musica “altra” che potrebbe generare aspettative diverse. Sicuramente ci troviamo al cospetto di un album curioso, per certi aspetti sorprendente, minimalista almeno quanto lo fu l’ermetismo per la poesia, ma certamente non altrettanto nobile. Le sperimentazioni possono servire a condizione che portino ad un approdo, che qui non riesco ad intravedere.