Ho ricevuto in questi giorni tanti messaggi d’auguri per il nuovo anno che auspicano per me l’ascolto di tanta buona musica. Per chi si occupa di una rivista come questa, non ci potrebbe essere augurio migliore. Ma poiché le parole devono sempre avere un senso, la “buona musica” bisogna cercarla. E si deve avere il coraggio di separarla dalla musica meno buona o dalla cattiva musica. Certo, nell’arte nulla è più soggettivo di un giudizio. Ciò che piace a me può non incontrare il gusto di altri mille. E viceversa. Ma c’è un limite. Sempre. Quello che un giorno fece esclamare ad un carissimo amico pittore paesaggista, che un tubo della stufa rimane un tubo della stufa, anche se viene esposto alla Biennale di Venezia. E mi sovviene la battuta di un mio vecchio insegnante di lettere che ormai non c’è più, il quale era solito ripetere che fare poesia non è andare a capo ogni tanto. Paradossi, per fare comprendere, appunto, che c’è un limite anche alla tolleranza del peggio. Ed internet, in tal senso, non aiuta. Chiunque, con pochi soldi, oggi può strimpellare una qualunque baggianata in un video, postarla su youtube, farsi un profilo e dire di essere un artista. Inorridisco e mi altero ogni volta quando vedo lo scalzacane di turno con video e strimpellata postato accanto ai mostri sacri della musica. E penso che non sia giusto, ma non intravvedo, per ora, rimedi praticabili. Qualcuno sostiene che internet sia l’espressione più elevata di democrazia che sia mai stata inventata. Chiunque dice, scrive e canta ciò che vuole e lì uno spazio sa di trovarlo. Non so se questa è davvero democrazia. Ho molti dubbi in proposito. Ad ogni buon conto, “Un’altra Music@” continuerà, anche nel nuovo anno, a fare ciò che ha fatto fino ad oggi: scrivere buone recensioni sui lavori di chi, a nostro giudizio, merita buone recensioni, e stroncare, motivatamente, chiunque riteniamo che con l’arte e la musica abbia poco o nulla da spartire. Dire bene di tutti significherebbe non dire bene di nessuno. E questa sarebbe un’ingiustizia. Pubblicare solo i lavori che rivelano buoni talenti e fingere di non avere ricevuto gli altri, sarebbe ipocrisia. Nel momento in cui una persona decide di rendere pubblico il proprio lavoro, deve sapere che ciò comporta dei giudizi. E li deve accettare. Spesso i giudizi negativi, col tempo, possono rivelarsi la migliore medicina contro la perdita di tempo, inducendo qualche pessimo musicista o cantante a divenire un ottimo artigiano. In un sol colpo ne traggono giovamento l’arte e la comunità tutta. Buon 2014 a tutti i lettori!